Una vita di calcio e per il calcio. Soprattutto: quarant’anni di panchina.0 Cosicché l’essere oggi presidente dell’Assoallenatori, per Renzo Ulivieri è forse solo la logica conclusione d’un lungo, appassionato percorso. Diciotto le squadre che ha allenato. E tra queste il Bologna e il Napoli che domani notte si ritroveranno l’uno di fronte all’altro.
Si può parlare di conflitto di sentimenti,Ulivieri?
«Napoli e Bologna sono due miei vecchi amori, è vero, ma ormai guardo le cose con distacco. Con interesse, certo, ma per gli anni trascorsi, anche con distacco. Quella che è rimasta intatta è la simpatia. A Bologna e a Napoli ho trascorso anni fantastici. A queste città e a queste squadre mi legano amici e bei ricordi».
Dal passato al presente. Il Napoli ha ripreso a correre, vincere e sperare anche in campionato. Ma quella per il terzo posto è una missione possibile?
«Certo che sì. Non siamo neppure a metà campionato. La stagione è ancora tutta da scrivere. Ma sia chiaro: visto come corrono anche quelle che gli stanno davanti, per acciuffare il terzo posto il Napoli d’ora in avanti dovrà andare a tavoletta».
Che vuol dire: sempre grande condizione fisica e mentale?
«Mentale soprattutto. La condizione fisica la curi con gli allenamenti. Più complicato, invece, è tenere sempre la squadra sulla corda, al massimo della concentrazione in ogni impegno».
Ma Mazzarri non è un maestro della motivazione?
«Walter è un maestro nel tentare di tenere sempre altissima la concentrazione dei suoi ragazzi».
Tentare?
«Sì. Perché puoi essere bravo quanto ti pare, ma poi devi fare sempre i conti con i limiti oggettivi dei singoli e della squadra. Cosicché alla fine l’allenatore più bravo è quello che limita i danni provocati dallo stress o dai troppi e ravvicinati impegni».
Mazzarri. La prima volta che siete stati insieme fu a Modena, nell’89. Lui giocatore e lei in panchina. S’accorse già allora che aveva la stoffa dell’allenatore?
«Intanto, non fu un grande affare averlo in squadra. L’avevo preso per mettere a posto il centrocampo e invece lui era sempre infortunato. Però, forse proprio per questo parlavamo molto. E già allora era uno che ragionava molto sul calcio. Non mi meraviglio che sia diventato un bravo allenatore».
Per questo lo volle nel suo staff prima a Bologna e poi a Napoli?
«A Bologna il mio secondo era il povero Buso. Mazzarri era più un osservatore. A Napoli, nel ’98, lo presi invece come all’allenatore dei portieri. Vuole sapere la storia come andò?».
Ovvio.
«A Napoli il mio vice era Montefusco. Come preparatore di portieri avrei voluto ancora Buso ma aveva già altri impegni. Fu proprio lui a consigliarmi Mazzarri. Prendilo, in un paio di mesi gli insegno io come si allenano i portieri, mi disse. Mi convinsi e lo presi. Lo presi anche perché in porta avevo Taglialatela, uno di quei portieri ai quali non avevi poi granché da insegnare. Fosse stato un giovane… ».
Però parlavate molto di pallone.
«Moltissimo. Eravamo entrambi fuori casa, lontano dalle famiglie e passavamo molto tempo assieme anche fuori del campo».
Fu lei ad avvicinarlo al 3-4-3?
«No. Non credo. Anche se di questo disegno tattico mi sento un po’ padre. Lo sperimentai la prima volta a Bologna nel ’95, in un match di coppa Italia contro il Milan. Ci stavamo lavorando già da un po’ di tempo e allora con me a Bologna c’era anche Walter. Ma nel tempo lui l’ha ristudiato, l’ha modificato».
Un’accusa che gli viene mossa è quella d’essere tatticamente rigido. Di cambiare poco o niente.
«Non è vero. Anzi, è il contrario. Mazzarri tatticamente è flessibile. In partita cambia spesso: raramente finisce una partita così come l’ha cominciata. Certe critiche sono ingiuste».
Ma Mazzarri ha “rubato” qualcosa ad Ulivieri oppure no?
«Credo di no. Credo che tra noi ci siano molte differenze».
Forse vi uniscono due “caratterini” proprio niente male?
«Probabilmente sì. Anche se forse non è vero manco questo. Io, ad esempio, Napoli la vivevo molto. Appena avevo un paio d’ore libere me ne andavo in giro. Lui è un po’ più orso. Walter si chiude con la squadra in una specie di fortino. Ma forse ha ragione lui. Quando c’ero io era più facile girare per strada. Oggi, con le attese che ci sono attorno al Napoli, sarebbe complicato pure questo».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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