«Di Mazzarri ho iniziato a sentir parlare più di 30 anni fa, quando si diceva che nella Primavera della Fiorentina giocasse il nuovo Antognoni. L’ho avuto come giocatore, poi, a Modena, nel 1989/90. Volevo giocare un 4-4-2 col rombo e vertice alto, più che un rifinitore, mi ci voleva un uomo d’entrata, forte anche di testa. Presi Walter. Ma per lui fu un’annata micidiale: mille infortuni, tanto che cambiai… modulo. Mazzarri è stato un calciatore “conoscitore”, uno che giocava e sapeva di calcio, frenato però dall’ombra di… Antognoni. A Bologna poi, 15 anni fa, è nata la nostra collaborazione tecnica. E a Napoli, la prima volta, ce l’ho portato io, in B nel ‘98, come vice e non solo. Buso non se la sentiva di venire e allora io mandai Mazzarri… a scuola da lui per imparare a fare il preparatore dei portieri. Avevamo Taglialatela, Mondini e Coppola. Tutta gente già fatta, c’era solo da allenarli. Dico questo per sottolineare la capacità di Mazzarri: lui si applica, approfondisce, è uno che vuole arrivare. E’ sempre stato caratterialmente un toscano atipico, si esalta nelle difficoltà, il suo ultimo pensiero è quello di piacere agli altri. Ha sposato questo modulo, il 3-4-3, è la sua forza ma non è statico nelle scelte, analizza gli avversari, mette sempre bene la squadra in campo. E’ arrivato nel posto giusto al momento giusto. E’ tanto che è tra i migliori allenatori italiani. L’impresa? La salvezza con la Reggina da -11. Cosa posso augurargli? Un anno… senza espulsioni».
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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