Lunga intervista di Michele Uva a “MF – Milano Finanza”. Il vicepresidente dell’UEFA ha toccato diversi argomenti, tra i quali il nuovo stadio di Milan e Inter, i piani per la riforma delle coppe europee e – soprattutto – i risultati raggiunti dal Financial Fair Play.
A proposito di FFP, Uva ha spiegato che «i numeri sono chiari. Nel 2011, anno in cui sono state introdotte le norme del FFP, il risultato netto complessivo dei club delle principali leghe europee era negativo per 1,7 miliardi. Nel 2017 la stessa voce era invece positiva per 600 milioni. Lo stesso dicasi per il risultato operativo passato nello stesso periodo da un rosso di 400 milioni a un saldo positivo di 1,4 miliardi».
Ma non solo, «anche l’introduzione delle licenze nazionali e il Ffp in Italia – ha spiegato Uva –, cui sono sottoposti tutti i club del nostro Paese e non solo quelli partecipanti alle coppe, sta dando i suoi frutti. Nel 2014/15 il rosso complessivo dei club professionistici italiani era di 536 milioni mentre già nel 2016/17 questa cifra si era abbassata a 156 milioni. Ma al di là delle cifre, l’importanza delle norme finanziarie sta nel fatto che il costante monitoraggio dei conti permette al club che vende un calciatore di avere la certezza che chi compra pagherà. E così anche i semplici fornitori. Evitare le insolvenze e un possibile effetto valanga di mancati pagamenti è uno dei nostri compiti più importanti per salvaguardare il sistema».
Sulla possibilità che il FFP abbia favorito i grandi club, Uva ha detto: «Nei bilanci dei club europei le entrate derivanti dall’Uefa pesano in media per il 14%. Quindi la gran parte del potere di fuoco finanziario è data dalla capacità di un club di fare gli investimenti giusti al momento giusto. Si consideri inoltre che siamo in un contesto di “economia complementare” da tutelare, intendendo con questo che a differenza di altri settori, nel calcio i grandi club hanno bisogno dei piccoli per dare vita ai campionati».
E alla domanda se non sia legittima una maggior tolleranza per i club che hanno appena cambiato proprietà, Uva ha risposto: «Noi dobbiamo normare un sistema che comprende 55 Paesi, ognuno con una legislazione diversa. Inoltre, dobbiamo tener conto del pregresso per non creare favoritismi nel tempo».
«Detto questo – ha concluso – le regole del Ffp non sono scolpite nella pietra. Il sistema vive di un continuo feedback tra le istituzioni e i club e dobbiamo tenere conto dei cambiamenti del sistema. Il punto però è un altro. Per quanto riguarda i nuovi entranti, nessuno vuole impedire di investire a chi immette denaro nel sistema. Ma dobbiamo essere certi che questi nuovi soggetti possiedano un’indubbia credibilità finanziaria e non creino squilibri sportivi e finanziari».
Fonte: CalcioeFinanza.it
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