L’ultimo ad attardarsi sulla «terrazza» del campionato è stato Domizzi, ieri, davanti alle telecamere di Sky: «Bello guardare tutti dall’alto in basso». Situazione non completamente inedita visto che all’Udinese capitò anche undici anni fa ma questo non può essere invocato come un buon auspicio visto che gli esiti di quella partenza bruciante non furono esaltanti né per chi traghettava la squadra (Luigi De Canio venne sostituito da Luciano Spalletti) né per la squadra che alla fine arrivò soltanto dodicesima (all’epoca la A era a diciotto). Abbastanza, insomma, per prendere per buona la filosofia-Guidolin che guarda alla salvezza (mancano «ancora» veinticinque punti) resistendo alle lusinghe: «Non sono più i tempi di Cagliari e Verona» . Insomma, lo scudetto non può essere inserito all’ordine del giorno, non perché la prospettiva faccia paura ma perché le condizioni storiche, sociali, economiche sono cambiate. I campionati ormai vivono più di certezze finanziarie che di sorprese sportive. Ciò non toglie che l’Udinese sia un «miracolo» che si rinnova, ogni anno da molti anni. Sembrava essersi chiusa un’epoca con la partenza di Sanchez, Inler e Zapata e questa chiusura è apparsa certificata dalla resa contro l’Arsenal. Da quel momento Guidolin ha inanellato con i suoi ragazzi sei vittorie e quattro pareggi, organizzato la difesa più ermetica del campionato, regalato a Handanovic la soddisfazione di una lunga imbattibilità.
MANO – Giovanni Galeone che conosce Udine e l’Udinese lo ammette con franchezza: «Si vede la mano dell’allenatore». Una mano che che sembra avere le stesse caratteristiche di quelle del re Mida se è vero, come è vero, che la scorsa stagione trionfale ha consegnato alle casse sociali, attraverso la campagna trasferimenti, una sessantina di milioni di euro. Mentre nel frattempo il club, come sempre con grande discrezione, andava a reclutare sul mercato calciatori che ad altri sfuggivano, come il difensore brasiliano Danilo o il romeno Torje sulle cui spalle pesa la non semplice responsabilità di far dimenticare il cileno Sanchez. No, l’Udinese, come sottolinea De Biasi nell’intervista che pubblichiamo a parte, non ha nulla a che vedere con il Levante perché se è vero che i tempi sono cambiati rispetto a quelli in cui Cagliari e Verona vincevano gli scudetti, è anche vero che i successi dell’Udinese non sono frutto del caso ma sono la conseguenza di un lavoro coerente fatto di intuizioni e programmazione.
GRANDI – La squadra sembra aver appreso la lezione di Guidolin, non solo quella tattica. Afferma Domizzi: «Il primo posto? Anch’io sono convinto che non potrà durare e che le Grandi alla fine usciranno». Nel frattempo, però, gli unici che hanno un passo abbastanza continuo sono i friulani con la loro difesa impermeabile. Che verrà messa a dura prova dal Napoli in uno scontro che al momento, nonostante le prudenze di Guidolin, non può che essere considerato da primato, da scudetto. « Chi parla di una squadra in crisi è in errore e poi il Napoli ha un grande attacco» , dice Domizzi. Comunque vada, è questo il nuovo che avanza.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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