Il campionato non conta nulla, sarà, ma la decima sconfitta del Milan è un macigno. Uno schiaffone ben assestato da Davide a Golia. Dall’Udinese, che pure avrà i suoi problemi, ma che con umiltà e impegno le suona ai rossoneri. Ad affondarli è l’eterno Totò Di Natale. Alla sua maniera, da falco dell’area di rigore, per poi volare sotto la curva. La partita che avrebbe dovuto dare slancio europeo al Milan si trasforma invece in un monito chiaro e duro, perché nemmeno uno slancio di fantasia potrebbe dare un senso alla stagione rossonera.
ARIA DI CHAMPIONS — Il turnover applicato da Clarence Seedorf è una chiara ammissione di volontà, perché ben sette elementi schierati in campo, la gara con l’Atletico Madrid la guarderanno dalla tribuna. D’altronde lo ha sottolineato alla vigilia: in questo momento conta solo l’Europa; guardare la classifica del campionato non serve a niente. Colpisce soprattutto la rivoluzione offensiva: Honda, Birsa, Robinho, Pazzini. Come dire, titolari a riposo perché al Calderon si può fare l’impresa. Francesco Guidolin, ai limiti storici con la società, sceglie la strada della prudenza: 3-5-2. Consigli pratici: fase difensiva massiccia e ripartenze veloci affidandosi alla velocità di Pereyra, Widmer, Fernandes e contare sull’esperienza di Di Natale.
ZAPATA E IL PAZZO — Il prologo dà ragione al tecnico friulano: al 4’ Zapata regala palla a Pereyra che irrompe in area ma che tra il secondo palo e il gol incontra il piede di Abbiati. Il Milan replica con un colpo di testa di Pazzini centrale e alto. L’azione si ripete al 14’: cross di De Sciglio, Scuffet a vuoto, ma il Pazzo preso in contropiede sbaglia a porta vota. Al 15’ invece sale in cattedra un déjà-vu rossonero. Da una palla inattiva Widmer controlla male e Abbiati ci mette una pezza. Al 31’ il Milan incasella le occasioni più nitide, ma se nella prima Zapata di testa è goffo e inguardabile, in quella successiva Scuffet si esalta deviando in angolo su Pazzini. Al 40’ la leggera deviazione di Mexes toglie l’urlo del gol a Di Natale, ma sempre con la collaborazione della difesa del Milan, poco attenta e abile nel regalare spazi all’Udinese. A conti fatti il primo tempo scivola via nella mediocrità; soprattutto di marca rossonera: poca qualità in campo e ritmo misurato, mai sopra le righe, con il solito difetto di non riuscire a finalizzare.
LA LEGGE DI TOTÒ — Il colpo di testa di Robinho, respinto a pugni uniti da Scuffet, all’inizio della ripresa potrebbe sconfessare il giudizio sui primi 45’ e presupporre una lavata di capo di Seedorf negli spogliatoi. Invece è l’Udinese a spingere di più e, gioco forza, imporre al Milan di sacrificarsi di più in difesa. Vedere il pallido Honda entrare in scivolata su Gabriel Silva è già un segnale. E’ anche per questo motivo che Seedorf decide di togliere Birsa per Essien e regalare quindi più consistenza al centrocampo dove Montolivo è un pesce fuor d’accqua. Ma servirebbe in realtà in difesa, perché al 16’ Mexes svirgola da dilettando regalando una palla gol all’Udinese, ma Totò Di Natale fa di peggio sbucciando la palla e spedendola ben lontana dalla porta. La scossa, almeno per il Milan, potrebbe essere Balotelli. Prende il posto di Robinho al 18’. Ma la perla la regala l’Udinese al 22’. Azione travolgente di Pereyra che duetta con Fernandes con i rossoneri piazzati: assist perfetto per Di Natale che sbuca come uno sparviero nel deserto e infila. Friuli in delirio; Guidolin febbricitante esaltato, Seedorf impietrito. Lo aveva detto Zapata: “Queste sono le partite di Totò”. Inascoltato. L’olandese lancia Taarabt per Muntari, mossa disperata. Ma è Allan a sfiorare il raddoppio con un sinistro a giro dal limite. Udine si alza in piedi quando Di Natale lascia a Muriel. Balotelli cerca di replicare al maestro con una punizione, ma al Milan servirebbero guizzi, colpi di ingegno, attenzione, concentrazione; in poche parole: gioco. Alla fine vince la classe operaia, che spesso va in paradiso.
Fonte: Gazzetta.it
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