Diciamo la verità, sembra che quest’estate abbiano deciso di giocare tutti per la Juve: il Milan, l’Inter, lo stesso furibondo Napoli (e non solo con l’harakiri di Pechino). I rossoneri hanno perso Ibra e Thiago Silva per poi puntare sul sempre discutibile effetto nostalgia nell’operazione Kakà, peraltro mai decollata. Moratti dal canto suo ha varato inopportuna, quanto tardiva, opera di ricostruzione, ma a mancare ai nerazzurri al momento sono le fondamenta, ovvero i giocatori di assoluto (e attuale) livello… internazionale. Lucas poteva fare da traino nel varo del nuovo corso, ma il brasiliano dopo un lungo fidanzamento è fuggito in prossimità dell’altare. Relativamente agli azzurri, supplire a gioco lungo all’assenza di un asso come Lavezzi non sarà semplice, per quanto Insigne prometta bene. Tutte e tre le grandi, o presunte tali, escono ridimensionate non solo dal confronto con la Juve, ma anche da quello con la loro versione 2011-12. L’eccezione è costituita dalla giovane Roma della premiata ditta Baldini & Sabatini, una coppia che restituisce dignità all’altrimenti abusato termine di progetto. Ma se a maggio 28 punti separavano bianconeri e giallorossi, non si può pensare che oggi le due squadre possano competere ad armi pari. Insomma, la Juve approccia la nuova stagione con un vantaggio notevole sulla concorrenza interna, che solo lei potrà dissipare. Ma questo vale per l’Italia. In Europa si gioca davvero un altro sport, anche se le regole sono le stesse. Barcellona e Real si muovono con anni di vantaggio nella costruzione, le inglesi con la forza data dalla rivalità tra vecchia e nuova nobiltà (vedere quanto accade a Manchester), il Bayern resta un classico e immutabile esempio di buona gestione dal punto di vista sportivo ed economico. In questa compagnia la Juve si ritrova a inseguire: la concorrenza e il proprio ruolo storico. E in quest’ottica che un ultimo sforzo sul mercato è richiesto. Perché la forza del gruppo può molto, ma non è detto che basti di fronte ai Messi e ai Ronaldo, senza considerare che al Camp Nou e al Bernabeu non è che abbiano nulla da invidiare a livello di compattezza. Ecco perché il top player non è solo un termine ormai venuto a noia, ma un’assoluta necessità.
Fonte: Tuttosport
La Redazione
M.V.
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