La vittoria ha molti padri mentre la sconfitta è sempre orfana. Un’aforisma, per definizione, ben si adatta a descrivere tante realtà, ma questo del poeta inglese Keats pare ritrarre alla perfezione il mondo del calcio. Dalle parti di Napoli, e non solo.
Proprio nella terra del vulcano è nato Lorenzo Insigne e proprio dal Vesuvio pare aver ereditato quel “fuoco” che lo aiuta a superare ostacoli che per altri risultano insormontabili.
La carriera di Insigne muove solo adesso i suoi primi passi importanti e, al contrario della retorica di molti, ha poco a che fare con le favole. Quando la natura ti ha negato il conforto di una statura imponente tutto è più difficile, devi conquistarti ogni cosa – anche piccola – con maggiore forza, con più ostinazione degli altri. Soprattutto se i natali sono poveri e le possibilità pochissime. Ci vuole passione, tanto talento e che il caso ti aiuti, facendoti incontrare le persone giuste. Quelle che ti cambiano la vita.
Ora che per Lorenzo si stanno per aprire le porte del grande calcio, i titoloni e gli appellativi si sprecano e la fila delle persone che ora lo elogiano – e gli presenteranno il conto del loro “genuino entusiasmo” – è già lunga quanto quella di chi l’ha bocciato fino a un anno fa.
Tutti con Lorenzo il Magnifico, ora. Tutti a sperticarsi le mani e a pretendere parte del merito di questa esplosione, fragorosa quanto irriverente. Si scava nella vita di Insigne, intervistando la famiglia, gli amici e i semplici conoscenti. Proprio come si fa con un campione consumato; eppure Lorenzo Insigne – conviene ricordarlo – ad oggi vanta solo uno spezzone di partita in serie A e ha segnato il suo primo goal da professionista meno di due anni fa (Foggia Lucchese 2-3, nda).
Il calcio costruisce miti ad una velocità inferiore solo a quella con cui li distrugge. Oggi sono sotto gli occhi di tutti le indiscutibili qualità di Lorenzo da Frattamaggiore e quella sfrontatezza di chi sa che gli sarà concessa una sola possibilità di guadagnarsi il proprio sogno. Troppo poco per pensare di sprecarla con la timidezza.
Quanti hanno realmente scommesso su di lui prima della stagione di Pescara? Quanto si può davvero considerare Insigne frutto del vivaio del Napoli? Domande semplici che, però, hanno risposte poco in voga in questi giorni, almeno a guardar la TV o a leggere siti e giornali.
Sorprende, ad esempio, scoprire che alla lunga lista di “creditori” si sia iscritto anche l’ex Direttore Generale del Napoli, Pierpaolo Marino. Al dirigente avellinese vanno riconosciuti tanti meriti nella rinascita del Napoli dalle ceneri della C, ma non questo.
Come testata da sempre convinta nell’imprescindibilità di un settore giovanile attrezzato e impegnata, con inviati e risorse, nel seguire le vicende delle formazioni giovanili degli azzurri abbiamo la convinzione di potervi raccontare a chi davvero deve dire grazie Insigne per questa incredibile ascesa nel calcio dei “grandi”.
Quattro sono le persone a cui Insigne deve maggiormente gratitudine. Le elencherò in ordine d’importanza:
LORENZO INSIGNE: sarà anche banale, ma non c’è persona che deve ringraziare più che se stesso. Quanto fatto di buono fino ad ora è frutto, più del resto, del talento e della caparbietà del piccolo Lorenzo. Il tanto talento di cui dispone, però, non sarebbe bastato a farlo emergere e non basterà a regalargli una carriera da campione.
Per arrivare ai livelli più alti del calcio, è la storia che lo dice, occorre una qualità in più: il carattere. Ci voleva carattere a non sprofondare sotto la pressione di un tecnico che non ti reputava ancora pronto per fare il salto di qualità (una pressione che un altro giovane di talento come Vargas non ha ancora sconfitto, nda). Solo il carattere e l’incoscienza di chi non ha nulla da perdere hanno fatto sì che domenica sera Insigne scendesse sul prato del San Paolo e si prendesse la scena con irriverenza, partendo e ripartendo in dribbling, esaltandosi ad ogni boato del pubblico. Un pubblico pronto e voglioso d’innamorarsi ancora di uno scugnizzo con la maglia azzurra. La speranza è che sappia superare, con la stessa irriverenza, i primi fischi.
GIUSEPPE SANTORO: quando nel 2006 Insigne fu acquistato dall’Olimpia Sant’Arpino per la cifra di millecinquecento euro, il presidente della squadra casertana tenne a precisare: “Insigne l’ho venduto a Santoro, non al Napoli”. Un attestato di stima che non ammette repliche. L’attuale team manager del Napoli, all’epoca responsabile del settore giovanile, è un uomo di calcio e nei campi di provincia ha costruito la sua carriera. I tredici anni passati alla Damiano Promotion di Tascone gli hanno garantito quei rapporti umani con chi da sempre ha a che fare con le aspirazioni dei calciatori in erba; un’esperienza – quella di Santoro – fondamentale anche per il Napoli, in un periodo in cui la gestione “autarchica” di Marino aveva tagliato i rapporti con le realtà calcistiche del territorio (la stessa Olimpia Sant’Antimo all’epoca aveva un rapporto di collaborazione con il Torino, nda). Se Lorenzo Insigne non è finito a giocare in squadre del nord è esclusivamente merito di Giuseppe Santoro. Il dirigente partenopeo è stato la figura che più di chiunque altro ha difeso Insigne anche nel periodo buio della Cavese ed ha contribuito alla scelta fondamentale per la carriera del folletto di Frattamaggiore: il Foggia di Zeman.
Se c’è del talento in un calciatore l’allenatore boemo saprà farlo sbocciare e valorizzare. Signori, Totti, Vucinic, Chevanton, Osvaldo, Bojinov sono solo alcuni dei tanti calciatori che hanno costruito le proprie carriere di successi sugli insegnamenti di Zeman. L’occhio di Santoro ha visto giusto, Insigne ha la stoffa per diventare un campione. L’attestato più importante è arrivato proprio dalla prima stagione al Foggia e, soprattutto, dalla seconda al Pescara guidato sempre da Zeman che anche in Abruzzo ha voluto con sé il talento napoletano.
Riparare alla partenza di Lavezzi senza investire una somma elevatissima per un top player e vanificare, forse irrimediabilmente, l’investimento fatto per Vargas era un’impresa assai complicata. Investire, non solo soldi, nella scommessa Insigne è stato il colpo di teatro del produttore De Laurentiis. Chapeau. Spero di potermi complimentarmi presto con De Laurentiis anche per aver investito in maniera decisiva soldi e risorse nel settore giovanile. E’ un imprenditore troppo preparato per farsi scappare un tesoro a buon mercato.
Una menzione speciale va agli agenti di Insigne, Fabio Andreotti e Antonio Ottaiano della Football Global Service e a Peppino Pavone, direttore sportivo che ha creduto in Lorenzo sia a Cava de Tirreni che a Foggia. Anche il loro impegno e l’affetto che nutrono per Lorenzo hanno contribuito, in modo determinante, alla sua ascesa.
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