DA DORTMUND A MADRID – Mentre da lontano il Borussia Dortmund inviava segnali bellicosi poco rassicuranti, rifilando sei reti al malcapitato Amburgo – non proprio l’ultima delle matricole, – il Napoli si preparava alla battaglia testando la nuova tuta mimetica contro l’Atalanta, squadra non da vertice ma quadrata e ostica, che negli ultimi anni ha dato diversi dispiaceri ai tifosi azzurri. Per 70′ il copione sembrava ripetersi, con gli uomini di Colantuono ben chiusi e pronti a rifilare calcioni in difesa e ripartire veloci in contropiede, sfruttando la forza fisica e le motivazioni dell’ex-napoletano Denis. Tanto che la testa dell’undici partenopeo poteva sembrare un po’ troppo rivolta all’esordio europeo di mercoledì, e il turnover pareva aver tolto un po’ troppa qualità dal campo. Forse per caso o forse no, dieci minuti dopo l’ingresso di Callejón e cinque dopo quello di Hamsik, è arrivato il primo gol casalingo di Higuaín a cambiare l’inerzia di una gara che si stava complicando non poco. Sbloccato il risultato e costretti i bergamaschi ad aprirsi, gli equilibri in campo si sono spostati e il secondo cartellino preso dall’altro ex-azzurro Cigarini ha spianato la strada al raddoppio, firmato ancora una volta da Callejón. Considerata anche la prova brillante di Albiol, sempre sicuro, puntuale ed elegante, il plotone mandato da Madrid a rinforzare le file azzurre sembra essere davvero un’arma in più. Una lode la merita anche Reina, dopo le incertezze palesate a Verona: gran parata su Denis e altri interventi solidi, ma il portiere con la tattica ha poco a che fare. L’ultimo dei cinque neo-acquisti in campo ieri era Mertens: il belga si è mosso bene, partendo molto defilato per accentrarsi e creare superiorità numerica, ma non ha ancora l’intesa con i compagni. Tanto che un paio di assist quasi geniali si sono persi nel vuoto. E sui corner deve migliorare un po’ la mira.
LA VECCHIA GUARDIA – I restanti sei elementi presenti al San Paolo ieri sera erano tutti della vecchia guardia: il migliore è stato Cannavaro, sempre sicuro ed ordinato, a dimostrazione del fatto che preferirgli Britos può essere solo una questione di piede mancino. Armero è partito molto alto, pur non lasciando sguarnita la difesa, e ha corso tanto, ma è stato l’artefice della confusione tattica con Mertens, quest’ultimo troppo spesso incompreso dal colombiano nei fraseggi, tanto che la coppia non è stata quasi mai efficace sulla sinistra. Sull’altro versante, Mesto ha giocato con la solita disciplina e il consueto impegno, confermando però qualche limite tecnico, che d’altronde ha in comune con il suo alter-ego Maggio. Al centro del campo il duo Dzemaili–Inler ha funzionato benino in copertura, pur senza il filtro garantito da Behrami. In fase di possesso, il primo è apparso talvolta arruffone e impreciso nei controlli e negli appoggi, pur offrendo a Callejón l’assist del 2-0; Inler invece si è reso protagonista della solita prova bipolare, con un primo tempo a tratti impalpabile e una prestazione energica e performante nella ripresa. Ma da entrambi serve più precisione e cura in fase di costruzione. Precisione mancata anche a Lorenzo Insigne in avanti, dove il fantasista napoletano è stato poco cattivo sotto porta sprecando un paio di occasioni propizie, ma la sorpresa è stata vederlo sbagliare alcuni passaggi. Anche Pandev ha fallito qualche buona occasione – a inizio gara per merito di Consigli – ma è apparso in discreta forma, pur calando vistosamente nella ripresa.
ESPERIMENTO QUASI RIUSCITO – L’esperimento del turnover ha mostrato alcuni limiti della rosa, ma ha pagato nella misura in cui si è portata ugualmente a casa la vittoria. Di certo, la differenza tecnico-qualitativa era palpabile fino all’ingressso di Hamsik e Callejón, ma si aspetta un miglior rodaggio di Mertens e in fondo l’alternanza dei cinque offensivi azzurri è stata produttiva, se è vero che Benitez ha gestito benissimo la situazione e scelto il momento giusto per mandare in campo i due che hanno cambiato il corso del match. C’è da dire che Hamsik non ha fatto poi tantissimo, sbagliando anche lui qualche appoggio, ma la sola presenza dello slovacco sposta gli equilibri in campo; Callejón invece ha speso la solita applicazione, concretezza e capacità tecnica, con un ottimo impatto sulla gara. Gara che è cominciata con il noto atteggiamento aggressivo dell’undici napoletano: pressing alto, palle recuperate sulla trequarti e ripartenze “corte” e quindi immediatamente pericolose. Ma questo metodo dimostra di consumare molte energie e non poter durare per novanta minuti, tanto che già dopo venti la partita si è stabilizzata e impantanata nelle maglie di un’Atalanta ben serrata e molto grintosa. A tratti si sono visti anche alcuni blackout già verificatisi a Verona contro il Chievo, con gli ospiti bergamaschi che intorno al 10′ si sono presi il campo e fatti pericolosi, ma nel corso di una partita intera ci può stare. Il Napoli autoritario e arrembante di Benitez si è visto per meno minuti rispetto alle precedenti uscite, ma è bastato per piegare un avversario duro come l’Atalanta e per conservare le forze in vista del fondamentale match d’apertura di Champions, contro l’avversario più forte del girone. Le risposte in merito arriveranno mercoledì, in una sfida che non potrà che essere spettacolare.
A cura di Lorenzo Licciardi
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