NAPOLI – Cambiare si può e anzi si deve: perché in un anno in cui c’è il rischio (serio) di giocar cinquanta partite, la legge del turn-over va applicata elasticamente. Il Napoli-2 (cinque uomini nuovi rispetto a Verona nella formazione di partenza) dimostra che nulla è impossibile, men che meno concedere a chi ha goduto di rarissime apparizioni, la possibilità di mettersi in vetrina: Benitez si affida alla «coerenza», non stravolge l’identikit, offre chanche a chi ne ha avute in razioni dosate e riesce a prendersi anche il meglio del «solito» Callejon, che si proietta con una doppietta sontuosa (per le fattezze tecniche) nell’olimpo degl’idoli del San Paolo. La Coppa Italia non viene snobbata, non è possibile in uno stadio del genere, non lo fa l’Atalanta che costringe il Napoli a vincere anche grazie all’interpretazione regolamentare sul nuovo fuorigioco, ma l’autorevolezza, la capacità di essere sempre presente (con la testa, innanzitutto) è un elemento per nulla trascurabile. Ma Napoli-Atalanta scongela anche un Inler che si ritrova, che va a pressare, che «legge» i movimenti della difesa avversaria andandola a scavalcare alle spalle (come fa Reveillere in occasione dell’1-1) provvedendo a generare il vantaggio fortuito e poi a chiudere con la percussione di Callejon. I segnali incoraggianti che Benitez si aspettava arrivano proprio da quella che va considerata la «vecchia guardia», sostenuta pure stavolta da un Maggio riesploso agonisticamente ma anche tatticamente, capace di spingere come sa e di coprire come si deve in quella linea a quattro ch’era divenuta una sorta di leggenda. E la ricomparsa di Hamsik è l’ulteriore energizzante per una squadra che procede con regolarità nel suo processo di crescita e che, quasi inaspettatamente, scopre di avere tre rinforzi di qualità a prescindere dal mercato.
Fonte: Corriere dello Sport
