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Tuffi proibiti a Posillipo, indagati i fratelli Cannavaro per i sigilli violati

Quattro avvisi di garanzia, ma per i pm gli abusi sono stati ritenuti già sanati

Da un lato via i sigilli, con tanto di permesso in sanatoria per tutte le opere realizzate, dall’altro un avviso di chiusa inchiesta in vista di un possibile processo. Mesi dopo l’ultimo blitz a Posillipo, arriva la svolta per la storia di Villa Cannavaro, dei tuffi nella piscina costruita in uno dei posti più esclusivi del golfo: la Procura ha infatti notificato quattro avvisi di chiusa inchiesta a carico di Fabio Cannavaro (quale proprietario dell’immobile) e della moglie; di Paolo Cannavaro (quale custode dell’immobile) e del titolare della ditta esecutrice dei lavori Gaetano Zanga. Violazione dei sigilli è l’accusa messa nero su bianco dal pm Luigi Alberto Cannavale, al termine di alcuni accertamenti messi a segno la scorsa estate dai carabinieri di Posillipo.

Qual è il punto? Avrebbero violato i sigilli, «continuando le opere e segnatamente attrezzando, previa pavimentazione con doghe di legno stabilmente infisse al suolo, a solarium l’area piscina, riempiendo e rendendo utilizzabile la piscina, realizzando numero due docce con relativo impianto idrico nonché realizzando l’impianto di alimentazione e depurazione della piscina».

Insomma, quando arrivarono i carabinieri – siamo allo scorso luglio – trovarono una piscina attrezzata, con tanto di depuratore acceso, impianto idrico in grado di funzionare, parquet, lettini, sdraio e ombrelloni a bordo vasca. Era tutto attrezzato nel cuore di ciò che resta dell’oasi di Posillipo, nella privacy di un domicilio che si affaccia sul mare del golfo.

Storia controversa, giocata a colpi di sigilli e ricorsi, segnata da un recente provvedimento del Consiglio di Stato – siamo allo scorso marzo – che assicurava la sanatoria del corpo di fabbrica della villa di Posillipo. Grazie al lavoro difensivo degli avvocati Roberto Guida e Luigi Pezzullo, Alfonso Stile, la villa è stata così quasi un anno fa dissequestrata, ma solo per quel che concerneva i locali da abitare. Più di recente invece è arrivato un nuovo provvedimento che ha riguardato anche le aree verdi: i legali avevano infatti ottenuto un permesso di 40 giorni per ripulire dal degrado il giardino, lasso di tempo nel corso del quale, probabilmente, si è andati oltre i limiti imposti dalle autorità giudiziarie.

Proprio nel ripulire la zona verde, si è proceduto anche la manutenzione della piscina, con un parquet a bordo vasca, la sostituzione dell’acqua stagnante con acqua depurata. Vasca da sogno, ma tuffi proibiti (almeno a luglio scorso), se ne accorgono i carabinieri, scatta una denuncia e un’inchiesta, chiusa in questi giorni e in attesa di possibili memorie difensive.

Fonte: Il Mattino.it

La Redazione

M.V.

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