È il 37′ del secondo tempo, il momento chiave della partita. Allegri ha appena buttato nella mischia Robinho ridisegnando la sua squadra secondo il modulo a mio avviso più confacente alle caratteristiche dei rossoneri, il 4-2-3-1. L’attacco ospite nel rush finale prevede 4 attaccanti e cioè Robinho, Bojan ed El Shaarawy, tutti qualche metro dietro a Pazzini.
Mazzarri che sembra tarantolato richiama Mesto, in campo da 15 minuti al posto di Insigne, spostandolo a sinistra e abbassando Zuniga in difesa. La richiesta è chiara, non più 4-4-1-1, ma difesa a 5 per avere un uomo in più dell’attacco avversario. Ma è proprio sull’asse Bojan-Robinho-El Shaarawy che il Milan confeziona il gol beffa. Lo spagnolo rientra a farsi dare palla. Passaggio filtrante fin troppo facile vista la mancanza di pressione. Il brasiliano prima dell’arrivo di Maggio serve El Shaarawi. Né Cannavaro, né Campagnaro chiudono preventivamente quello spazio. Nonostante la situazione sia di «5 contro 3» il Napoli si fa sorprende nell’azione più temuta e prevedibile alla vigilia. Il Faraone, in stato di grazia, a tu per tu con De Sanctis, con freddezza e chiarezza di idee, cerca e trova di piatto il secondo palo. Un pareggio che evidenzia quelle amnesie tattiche e quelle difficoltà atletiche degli azzurri che una vittoria avrebbe celato. Invece il 2-2 finale obbliga tutti a riflettere sui 28 tiri subiti (a fronte dei 12 fatti). Il Milan arriva alla conclusione 13 volte su azione manovrata (durata maggiore di 12″), mentre il Napoli si rende pericoloso, in particolare nella ripresa, con fast action (azione veloci nate da break improvvisi).
Anche il gol che riapre la partita sul finale del primo tempo è a lungo preparato dai rossoneri. Con 6 giocatori nella propria area di rigore nessuno si prende cura di El Shaarawy libero di andare ad impattare il passaggio corto del compagno ai 16 metri e di uccellare De Sanctis. Decisivo, in quel frangente, l’inserimento verticale di Montolivo, inseguito sia Inler sia da Gamberini. Una mancanza di intesa nei meccanismi difensivi che sta frenando da qualche tempo la corsa del Napoli verso la vetta della classifica.
Del resto che in quella fascia il Napoli ha problemi sin dai primi minuti con Mazzarri che già dopo al 12′ decide di invertire le posizioni di Hamsik e Insigne per dare, con la presenza dello slovacco in quei paraggi, più consistenza alla fase di contrasto.
Trattasi di una grande occasione buttata al vento dai partenopei perché nonostante tutte le ambasce difensive in avanti le sue palle gol le produce, un po’ per la furbizia di Insigne e la prepotenza di Hamsik in alcune ripartenze, un po’ per le sbandate di Abbiati, Mexes, Acerbi e Costant, a rotazione autori di svarioni da oratorio. Purtroppo al Napoli, e non è la prima volta, è mancato in maniera clamorosa Cavani. Il Matador fa una gara fin troppo generosa per il suo attuale stato di forma. Dovrebbe dosare meglio le energie evitando inutili (e pericolosi) ripiegamenti difensivi come quelli nella ripresa su Bojan (graziato la prima volta, ammonito la seconda) e svariando meno sulle fasce. Dovrebbe muoversi quasi esclusivamente per vie centrali e attaccare con più convinzione la porta. Quando sta lì qualcosa crea: palla gol clamorosa per Hamsik al 23′ del secondo tempo, tiro sui piedi di Abbiati al 34′ (poco prima del minuto chiave del match). Troppe volte, come già evidenziato in passato, Cavani non ha avuto gamba e sufficiente lucidità per far ripartire il contropiede.
Più brillante Insigne sostituto dell’acciaccato Pandev. Frizzante, vivo, sempre reattivo anche sulle palle sporche, opportunista nell’azione del 2-0. Gli è mancata la personalità del giocatore fatto al 33′ quando Costant, pressato da Maggio, gli regala l’assist per il 3-0, ma Lorenzinho invece di puntare Abbiati e chiudere preferisce giocare dietro per Cavani, anticipato da Mexes. Ma occorre insistere su di lui, se possibile, lasciandolo in campo 90′.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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