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Trombetti: “E adesso tutto può accadere”

Il calcio, lo sappiamo tutti, vive di episodi. E i risultati nel calcio, più che in ogni altro sport, dipendono molto dal caso. Un falso rimbalzo. Una svista dell’arbitro. Una folata di vento. Una zolla di prato.
Ieri il risultato lo ha deciso la superiorità tecnica. Se il Genoa avesse avuto un Cavani o un Hamsik avrebbe chiuso l’incontro in una delle occasioni che gli sono capitate. Prima del pareggio di Cavani. E anche sul due a due. E invece… invece alla lunga gli azzurri hanno portato a casa i tre punti. Il Napoli questa volta non ha vinto la partita con il gioco. Con le ripartenze. Con la spinta sulle fasce. Con gli inserimenti tra le linee…e tutte le possibili amenità semantiche di cui è ricco il dizionario del calcio. Il Napoli ha vinto grazie alla qualità individuale. Il gol di Mesto nasce da una magia di Insigne. Quello di Cavani dalla invenzione della premiata ditta Hamsik-Cavani. Il terzo gol dalla capacità dello slovacco di trovarsi dove occorre essere e concludere magistralmente. Il quarto gol dal manuale del contropiede . E dal piedino fatato di Insigne. E il gioco? La tattica? Gli schemi? Glissons.
Si tratta di un incontro difficile da commentare. La prestazione del Napoli, per quanto attiene al gioco espresso, certamente non è di quelle da incorniciare. Il centrocampo di una lentezza estenuante. Mai una uscita perentoria. Mai una ripartenza degna di nota. Copre bene la difesa, questo sì. Tanto è vero che fino ad oggi essa ha il miglior rendimento del campionato. Ed i due gol subiti non nascono da un cattivo filtro del centrocampo. Il primo nasce da un “orrore” di Campagnaro. Di un pelo inferiore a quello di Aronica contro il Dnipro. Il secondo è nato da una sublime rappresentazione delle belle statuine di tutto il reparto.
Il problema è che il centrocampo del Napoli non ha un leader cui consegnare la palla in uscita. Che velocizzi il gioco. E faccia partire il contropiede. Non c’è un uomo dando al quale la palla sia come metterla in cassaforte. Non Inler, che resta purtroppo un incompiuto. Lento. Capace di sbagliare appoggi a tre metri. Meno che mai Dzemaili. Nè si può chiedere a Behrami di cantare perché lui sa solo portare la croce.
In attacco resta , in questo momento, l’equivoco piú grande. Come si fa a tenere in campo un Pandev inguardabile? Lasciando in panchina Lorenzo Insigne che quando entra illumina. Con un tasso di classe di gran lunga superiore alla media. Capisco i timori di Mazzarri. Perdere Pandev sfiduciandolo. Ed il macedone resta una pedina molto importante. Bruciare Insigne caricandolo delle attese di tifosi e opinionisti. Tanto piú che usandolo a mezzo servizio il ragazzo sta facendo molto bene. Insomma capisco i risvolti psicologici e di politica dello spogliatoio che assillano il tecnico. Io lancerei il cuore oltre l’ostacolo. E scommetterei sul ragazzino. Ma io, per fortuna, esprimo un opinione e non devo decidere.
Infine una domanda. È tornata la zona Mazzarri? Le due ultime prestazioni del Napoli sembrerebbero confermarlo. A Genova il Napoli gioca una brutta partita per settantacinque minuti. E poi nell’ultimo quarto d’ora ribalta il risultato e porta a casa i tre punti. La grinta con cui Cavani e Mesto hanno recuperato la palla dopo il due a due riportandola al centro del campo è il segno di una determinazione non comune. È il segno che i giocatori ci credono fino all’ultimo minuto. Certamente quella di ieri è una vittoria che vale moltissimo. Arrivata dopo un filotto di sconfitte esterne. Con due sconfitte ed un pareggio nelle ultime tre gare. Perdendo a Genova il campionato degli azzurri avrebbe preso la strada dell’inevitabile anonimato. Adesso invece siamo ancora lì, nel giro che conta. E che dire sul futuro? Tutto può ancora accadere. Palla avanti e pedalare.

Fonte: Il Roma

La Redazione

M.V.

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