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Tre indizi per una prova: il Napoli paga caro le soste

Se tre indizi costituiscono una prova, allora si può ben dire che le soste di campionato risultino altamente indigeste al Napoli. In questa stagione ci sono stati tre stop per consentire alle nazionali di partecipare alle qualificazioni per gli Europei o anche ad amichevoli internazionali, una al mese: a settembre, ottobre e novembre. Ebbene in ogni occasione, il Napoli ha puntualmente picchiato in testa alla ripresa dei giochi. Due pareggi ed una sconfitta, quest’ultima peraltro al San Paolo. Tre gare in cui la formazione di Benitez, oltre a mancare la vittoria, ha dato la sensazione di aver smarrito il filo del discorso, di accusare un calo mentale e in alcuni uomini anche fisico. Insomma, prestazioni che inevitabilmente hanno scatenato un mare di critiche e seminato più di un dubbio tra i tifosi: perché questa squadra appena si ferma non riesce a ritrovarsi? Perchè inciampa sistematicamente? Anche Benitez si pone le stesse domande senza peraltro trovare ancora le risposte. Forse sarà un limite strutturale dell’organico sotto il profilo caratteriale; forse lo stress da superlavoro che si trascinano i nazionali al loro rientro alla base; o forse una semplice coincidenza. Chissà.
Soste maledette, dunque. Soste intese come svuotamento psicologico, non solo affaticamento muscolare per coloro che erano stati convocati dai rispettivi commissari tecnici. Perdita di concentrazione alla gara successiva alla pausa, tenuta nervosa limitata, chiara mancanza di lucidità nell’arco dei novanta minuti, tutto questo è stato evidenziato quando il torneo di massima serie è stato costretto a fermarsi per le nazionali. Ed il Napoli ha pagato a caro prezzo non solo nelle sbadataggini difensive anche nelle finalizzazioni. Cinque punti buttati al vento delle due gare interne (sconfitta con il Chievo Verona e pari con il Cagliari), altri due a Milano con l’Inter quando i partenopei vennero raggiunti in pieno recupero.

A SETTEMBRE. La prima sosta, quella del mese di settembre, si rivelò una jattura per il Napoli. Era la prima gara interna della stagione ed arrivava dopo la vittoria esterna con il Genoa. Al San Paolo, il Chievo Verona, domenica 14 settembre. Gli uomini di Benitez sciuparono l’impossibile, persino un rigore con Higuain. Ed i veneti nell’unica insidia portata alla difesa azzurra si portarono in vantaggio. Vano il tentativo di rimonta. Attacchi a testa bassa e senza idee. Precipitazione ed imprecisione al tiro (oltre trenta tiri in porta). E quel Napoli, in campo con la formazione-tipo, dovette ingoiare la prima amarezza della stagione. Il giorno dopo si parlò di squadra ancora demoralizzata dall’uscita dalla Champions.

AD OTTOBRE. Un mese dopo, altra sosta, altra delusione. Il Napoli dopo la vittoria interna con il Torino tornava in campionato a distanza di quattordici giorni affrontando al Meazza l’Inter di Mazzarri. Callejon aveva portato in vantaggio gli azzurri per la seconda volta, per giunta al novantesimo. Ma nei minuti di recupero l’Inter riuscì a strappare il 2 a 2 profittando di un’amnesia dell’intera difesa. E lì si parlò di poca scaltrezza nel saper condurre in porto la vittoria.

CON IL CAGLIARI. L’ultima interruzione del campionato sembrava non incidere più di tanto dopo quella mezzora a tutto gas in cui prima Higuain e poi Inler aveva portato in vantaggio il Napoli. Poi, il calo di tensione graduale, le sbadataggini difensive che il Cagliari di Zeman, costante nella sua azione, ha saputo sfruttare al meglio, riuscendo persino ad annullare il terzo vantaggio del Napoli. E nel finale di gara, la solita confusione alla ricerca del gol vittoria, il black out generale a livello di idee, nonchè una vulnerabilità disarmante. Era il terzo indizio che confermava la prova: gli azzurri mal digeriscono le interruzioni del campionato, soprattutto a livello mentale. Smarriscono la concentrazione e l’avversario ne approfitta.

Fonte: Corriere dello Sport
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