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Torres: la macchina da gol quando c’è Benitez

L'alternativa in attacco

Dottor Rafa, Rafael Benitez. Specialista in psicologia applicata al calcio. La panchina per studio medico, il campo come un lettino da analisi. Da lì, sdraiato o rincorrendo un pallone, col trattamento giusto, tutto torna. Tutto riemerge e riaffiora. Anche i fuoriclasse. Passato e presente per guardare al futuro, a un mondo nuovo che può cambiare colore o almeno tonalità: dal blues Chelsea all’acceso azzurro del Napoli. Fernando Torres il paziente inglese che aveva bisogno urgente di lui. E il dottor Rafa è arrivato. Parole e pallone per curarlo. E la fiducia, medicina vitale per far tornare davvero o quasi il Torres che era. Quello che Benitez aveva già allenato. E fatto diventare campione. Tre stagioni e un po’ a Liverpool. Qualche mese al Chelsea. Chissà quanto, e soprattutto se, a Napoli. S’era perso a Stamford Bridge, Torres. Smarrito. Immalinconito. Lento e prevedibile in area. Con la porta che sembrava rimpicciolita e l’umore sotto i tacchetti. Irriconoscibile, El Nino. Il piccolo che era diventato presto grande. Simbolo di una generazione di centravanti moderni. Bomber con la faccia d’angelo ma cattivissimo coi portieri. Devastante al Liverpool, disastroso al Chelsea. Eppure improvvisamente un altro quando è arrivato Rafa. L’allenatore che più di tutti lo conosce. E valorizza. E che per costruire il suo Napoli, comincerebbe proprio da lui, dal prediletto degli attaccanti. Ritrovato. « Ho giocato un gran finale di stagione ». 

NUMERI SUPER – Settantadue reti in tre stagioni a Liverpool. Anfield Road il suo red carpet. Giocava, segnava e sfilava per gioire sotto la Kop. Gol e record. Torres sempre a segno per otto partite di fila, millesimo gol della storia dei reds, i brividi della Champions e un po’ di palloni portati a casa per le triplette. Hattrick. Roba per grandi cannonieri. Alla Cavani. Unico e irripetibile nel genere, triplettista per vocazione. Ma Torres è fatto di quella pasta. Perfetto per star con lui in un Napoli che punta allo scudetto e vuol essere rispettato in Europa. Sennò buono uguale, buonissimo anche per sostituirlo, se il mercato cambia tutto e irrompono sceicchi e oligarchi pronti a pagare tutta la clausola. 
RIGENERATO – Cavani l’uomo dei sogni. Torres quello che, i sogni azzurri, non li farebbe diventare incubi. E allora lui, lo spagnolo ormai inglese, il Nino che non è più young (giovane), ma ha ancora tanti anni davanti a sé per segnare, vincere, diventare l’idolo del San Paolo: già vissuto, già goduto. Una notte da Champions per capire l’effetto che fa. Per immaginarsi anche con una maglia diversa, appena appena più scolorita di quella del Chelsea. Ma carica di passioni e storia. Febbraio 2012. Napoli-Chelsea l’occasione per ammirare i 60mila e apprezzare Napoli. Una passeggiata sul lungomare, un po’ di stretching sulla terrazza di Castel dell’Ovo, il panorama mozzafiato e la partita. Vista dalla panchina: Benitez non c’era ancora… Terzo nel pallone d’oro con Rafa a Liverpool. Discusso prima, rigenerato poi a Londra. E adesso accostato al Napoli: di pancia più che di testa; ma con speranze. Otto milioni fino al 2016 l’ingaggio che scoraggia. Benitez però su quei foglietti che ha sempre tra le mani ha scritto il suo nome. Il suo tra gli altri. C’è Torres nei pensieri e pure Edin Dzeko. Il gigante di Manchester. Sfidato e simpaticamente (era un’amichevole) maledetto da Benitez l’altra notte a New York. City-Chelsea il derby inglese negli USA coi due bomber sognati a Napoli avversari. Torres con Benitez, Dzeko (doppietta) contro. Per ora. Figli e figliastri di Rafa. Tutti buoni però per la nuova famiglia Napoli. 
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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