Massimo Corcione per il Mattino:
“È difficile parlar di calcio quando scopri che c’era chi vendeva le partite al miglior offerente, quando leggi che un professionista del pallone da mezzo milione d’ingaggio l’anno ammette di aver segnato per danaro un autogol volontario. È difficile, ma non impossibile se ti fidi comunque delle parole di un magistrato come il procuratore Laudati, che garantisce per la credibilità del sistema, nonostante la presenza di calciatori infedeli. Li ha chiamati proprio così, i corrotti, comprendendo che il calcio più che ragione, è fede.
Quella che ti fa credere che un avversario può essere battuto anche se è molto più forte di te. La stessa che ha animato il Napoli fino a domenica, consentendo di superare ostacoli inimmaginabili. Ma Torino non è un capolinea. È solo una fermata forzata, una sosta davanti allo specchio per realizzare le cose da cambiare per evitare delusioni definitive. L’immagine dello specchio non è casuale: Conte un po’ s’è ispirato a Mazzarri e non solo per la difesa a tre schierata contro i tre inafferrabili. Soprattutto per la carica che ha imparato a infondere nella squadra, all’energia che dalla panchina trasmette ai suoi. Il modello è pure dichiarato, quindi siamo ben oltre le interpretazioni. Sono chiare anche le differenze, tutte nascoste nelle alternative che a Conte sono concesse in più ruoli e a Mazzarri in quantità e qualità minori. Quarantotto giorni separano Napoli e Juventus dalla finale più prestigiosa che quest’anno possano permettersi: in palio all’Olimpico ci sarà la coppa Italia, e soprattutto il primato personale conteso tra due allenatori assolutamente made in Italy.Ma, in questa volata disperata che porta verso il ritorno in Europa, nell’unica Europa che conti, forse le parti si sono invertite: deve essere il Napoli a copiare la Juventus, a riconquistare l’antica cattiveria (agonistica), a registrare quel piccolo gioiello di tecnica umana che era la retroguardia dei normalissimi supermen, a rinsaldare il blocco a centrocampo indispensabile quando davanti hai Lavezzi-Cavani-Hamsik, tre splendidi anarchici che il sincronismo puntuale di Maggio aiuta a completare. Non è un caso neppure se proprio gli ultimi due infortuni del Signore della fascia siano coincisi con le delusioni più difficili da dimenticare: Torino appunto e, prima, Londra.Qualche messaggio De Laurentiis l’ha lanciato, con quei riferimenti a chi è fuori, a chi dovrebbe essere più fresco perché finora ha guardato molto e giocato poco. È diventato maestro di diplomazia, il presidente, uno stratega della parola che non incastri con la domanda bastarda. Ma la voglia di vincere resta sempre la stessa di quando partì dall’inferno della serie C per raggiungere il paradiso della Champions. In fondo è questo anche il legame più forte con Mazzarri che le sue sfide le rilancia quotidianamente, al di là delle parole misurate che ha imparato a trovare sempre. Sembra che esageri quando parla di tutte finali, alludendo alle prossime partite che attendono il Napoli, ma spareggi certamente lo sono. Come quello del sabato di Pasqua: contro la Lazio, contro Reja, contro Lotito. Tre rivali scomodissimi da sfidare, forse i peggiori che potessero capitare. O forse no: l’opzione Mazzarri non prevede soluzioni semplici. La migliore garanzia di autenticità per uno spettacolo come il calcio che le storiacce di Bari hanno mortificato”.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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