Parola a… Lorenzo Tonelli. Il post-partita di Atalanta-Empoli non sembra ancora finito, dopo il pugno di Denis al difensore azzurro e le parole, di ieri, del direttore sportivo Marcello Carli, oggi dalla sala stampa del Castellani parla il diretto interessato, che spiega così la sua posizione e la propria versione dei fatti, soprattutto alla luce della giornata di squalifica comminatagli: “Non volevo parlare, non avevo niente da giustificare al contrario di altri. Ma ci sono state delle gravi accuse sulla mia persona e sui fatti, allora mi sono sentito di parlare. Parto da come sono andate le cose: era una partita importante, uno scontro salvezza, durante la gara ci può essere del nervosismo dovuto all’eccessivo agonismo. Questo ovviamente può portare a duelli fisici un po’ più rividi e a delle provocazioni che ci sono state da entrambe le parti, sono normali durante un partita di calcio. Voglio precisare però che quando l’arbitra fischia la fine, qualsiasi cosa deve finire. Portare fuori il rancore ed il nervosismo è sbagliato, si passa un messaggio sbagliato. Finita la partita sono andato a salutare i tifosi, ho stretto la mano agli arbitri e sono andato diretto negli spogliatoi. Quello che ho letto, che avrei minacciato Denis davanti al figlio nel tunnel, sono gravi accuse: anzitutto è falso, perché lui stava parlando a Sky, e poi ci sono persone che hanno visto che non ero nel tunnel ad aspettarlo. Mi chiedo come abbia fatto il Procuratore a scrivere quelle cose, come le abbia sapute. Un toscano non dice “Ammazzo a te”, direbbe “ammazzo te”. Erano passati venti minuti dalla fine, ero dietro la porta e sento Denis che mi chiama. Mi affaccio, lui fa finta di volermi parlare e mi dà un cazzotto sullo zigomo a tradimento. Io faccio un passo indietro e vado verso di lui, appena uscito dallo spogliatoio c’era Cigarini che mi ha fermato. Denis è tornato e mi ha dato due pugni in testa, ho spostato Cigarini e sono andato verso Denis. Mi ha fermato un dirigente dell’Atalanta e mi ha buttato in terra, si sono spente le luci e Denis è scappato. Si sta passando un messaggio sbagliato, lo sport non deve far passare questo. Se l’Atalanta avesse porto subito delle scuse, non sarebbe successo niente. Hanno voluto portare delle giustificazione per salvarlo, dicendo falsità sulla mia persona. Più che danni fisici, sono quelli morali qui. Sentire dire che ho minacciato lui ed il suo bambino di morte… Che persona sarei? Se lo avessi fatto nel tunnel, sarebbe successo subito qualcosa. Forse mi sbaglio… E’ una situazione spiacevole, sono deluso ed amareggiato. Sono tutte cose false, è questa la cosa che fa male. Vorrei capire dove ha tirato fuori il Procuratore quelle cose, sono venuti a chiederlo a me. Non possono farsi condizionare da chi è più potente. Cigarini? Mi ha chiamato sul pullman, ha giurato sui suoi figli che non c’entrava niente. Gli voglio chiedere: una persona che non c’entra niente non ha il tempo materiale di intercettarmi e di tenermi fermo. E’ stato un agguato premeditato. Lui mi ha tenuto e l’altro mi picchiava. La squalifica? Quella frase non c’è stata, ed il procuratore non può averla sentita. Denis era alle interviste… Denis fuori di testa? In campo ci siamo presi, provocati, ma come succede quasi tutte le domeniche. Non dico sia normale, ma è qualcosa che c’è. Se era nervoso come dicevano, la reazione sarebbe arrivata subito. Questa è una cosa premeditata. Mi hanno raccontato che Denis finita l’intervista è corso verso lo spogliatoio… e allora dove ci saremmo incontrati? E’ entrato dentro ed è riuscito con Cigarini e sono venuti nel nostro spogliatoi. La minaccia? Neanche in campo. Marino mi ha dato del criminale? E’ il motivo per il quale sono qua. Se la cosa fosse finita lì, se l’Atalanta non avesse tirato fuori questa storia, non avrei detto niente. E’ un messaggio brutto che passa, io sono parte lesa e ci esco male. Le persone si fanno un loro pensiero ed è difficile uscirne puliti da questa storia. Vie legali? Decido con gli avvocati. La giornata di squalifica? Questa è la giustizia. Se Denis mi avesse chiamato? Dopo quello che ha fatto e quello che ha detto… che uomo è? Cinque giornate a lui? Non mi interessa, non è compito mio. Quello che voglio è cercare di far capire che non mi permetterei mai di minacciare un padre con un figlio accanto”.
Fonte: gianlucadimarzio.com
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