Enrico Fedele, agente ed ex dirigente, ha rilasciato un’intervista ai microfoni di Tuttomercatoweb in merito alle condizioni del settore giovanile del Napoli, tra presente e futuro: “Insigne non è l’unico ad essersi affermato. Un po’ Sepe, un po’ Ciano, un po’ anche Maiello. Poi c’è stato un buon ’92 come Izzo, dal ’94 Roberto Insigne e poi però cinque anni di buio”.
Come mai?
“Secondo me prima era stato fatto un bellissimo lavoro, che per fortuna ora si sta riproponendo con la gestione di Grava. Vedo tanti buoni giocatori del 2002 o del 2003, quindicenni con grandi potenzialità. Le annate passate meno: dal ’96 sembrava potesse arrivare qualche giocatore interessante, ma poi non è successo”.
E ora?
“Con Grava si è ripartiti dalle fondamenta, ma il Napoli deve capire che bisogna investire. Al momento il club non ha delle strutture adeguate e non ha un grande rapporto con le scuole calcio: a volte sembra che debbano regalare i propri giocatori, senza considerare il lavoro svolto per formarli. E poi non dimentichiamo che sul nostro territorio ci sono tanti e tanti occhi di altre società”.
Immobile, Mandragora e tanti altri: di giovani napoletani bravi ve ne sono tanti, ma non tutti si sono formati e affermati nel Napoli.
“Su questo non c’è dubbio, è un fatto di politica societaria. Il Napoli ha avuto in passato grandi maestri, poi si è andati un po’ al risparmio. Sono mancati i maestri, che non possono essere sottopagati, ma devono essere ricompensati in maniera adeguata”.
Le strutture?
“Qualche tempo fa ci trovammo a parlare in università del settore giovanile. C’era il presidente del Napoli, e gli dissi che volevo dargli un consiglio. Io ho visto crescere tanti ragazzi: Cannavaro, Coppola, Troise, Stendardo, e via dicendo. Sono arrivati perché si investiva sul settore giovanile”.
Il consiglio?
“C’è bisogno di comprare un centro adeguato, di creare qualcosa: il materiale c’è, ma poi molti ragazzi vanno fuori, sono diseducati alla vita fuori dalla città e si perdono. Se si trovassero nel loro habitat naturale e se avessero degli ottimi maestri, pagati bene, vedremmo cosa può dare il settore giovanile, che in passato è stato di grandissima qualità. Cannavaro, ma penso anche a Tagliatela, a Ferrara”.
Le seconde squadre possono essere una novità interessante?
“Sì, adesso magari il giovane va in una squadra piccola, non gioca e si perde. Ai tempi di Cannavaro avevano pensato di mandarlo in Serie C a farsi le ossa: sarebbe stato un errore. Con le seconde squadre c’è un allenatore che conosce il calciatore e sa come farlo crescere. Insisto poi sui maestri: per insegnare calcio devi aver fatto calcio, un bravo tattico non basta”.
In Italia in Primavera sembrano contare più i trofei.
“È un errore: l’obiettivo di un maestro è formare un calciatore. C’è da farsi una passeggiata nei settori giovanili, inglesi, francesi oppure olandesi: a Napoli sembra impossibile creare un convitto, che invece sarebbe utilissimo. E poi bisogna investire: non dico di farli uscire in Mercedes, ma date almeno una 500 a questi ragazzi”.
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