Delle 128 squadre di calcio dei campionati maggiori, 79 tifoserie sono apolitiche, 27 sono orientate verso posizioni politiche di destra, 15 di sinistra e 7 considerate di orientamento contrapposto (ultrà della stessa squadra ma con appartenenze politiche diverse). Alcune tifoserie hanno subìto derive: per esempio i sostenitori di Roma e Milan erano storicamente di sinistra mentre ora la maggioranza dei tifosi delle curve di queste due squadre è di destra. Altre squadre e altre tifoserie sono invece rimaste ancorate alla tradizione (Fiorentina e Genoa sempre a sinistra, Lazio e Juventus sempre a destra).
La mappa del tifo così come la disegnano gli esperti di Ordine pubblico ha i contorni netti: più destra che sinistra. Un po’ più complicato è l’identikit dell’ultrà: c’è il capo-tifoso e ci sono i seguaci, che sono cose diverse. Il capo-tifoso è un uomo tra i 30 e i 40 anni, cultura medio-bassa, professione non meglio identificata, gran parlatore, dotato di un certo carisma, un capopopolo insomma. I seguaci, disposti a seguire il leader, sono più giovani e molti sono anche studenti. E comunque ancora nessuno ha saputo superare la definizione che dei capi degli ultrà ha dato il pm napoletano Ardituro: «Sono violenti, in alcuni casi hanno piccoli precedenti penali e svolgono lavori occasionali. Conoscono il ritmo di una protesta, sanno come posizionarsi di fronte a un corteo, ne disegnano l’evoluzione. Alzano la voce, incitano alla rappresaglia, sfruttano l’entusiasmo dei più giovani. Li strumentalizzano. Provocano in modo sapiente cariche e tafferugli».
Già, perché l’attività dell’ultrà non si esaurisce sulle gradinate dello stadio. A Napoli frange di questi tifosi si distinsero nelle proteste violente contro le discariche. Nella Capitale messa a ferro e fuoco il 15 ottobre scorso si è scoperto che i più esagitati (e destinatari di ordini di custodia) sono stati cinque supporter della squadra del Teramo e due della Roma.
Eppure gli investigatori non nascondono una certa soddisfazione. Il fenomeno degli ultrà è sempre da monitorare, per carità. Ma almeno negli stadi, Genoa a parte, non si vedono più quelle scene di violenza a cui eravamo abituati negli ultimi tempi. «Alla fine del girone di andata – dice una fonte investigativa – le Ferrovie dello Stato hanno dichiarato zero incidenti dovuti alle trasferte dei tifosi e tutti gli ultrà al seguito delle loro squadre hanno pagato il biglietto. Un tempo era inimmaginabile».
È vero, a Genova l’hanno fatta grossa ma a Catania, Palermo e in tanti altri stadi la cronaca non sportiva non entra più. La tessera del tifoso e il Daspo hanno fatto un quasi-miracolo. Ma nelle manifestazioni extra-calcistiche il Daspo non si può applicare. L’onda di reflusso degli ultrà nelle strade cittadine non ha ancora trovato la sua diga.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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