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Tessera del Tifoso: Lettera di un tifoso orgoglioso di averla sottoscritta

Riceviamo e Pubblichiamo...

Sono diversi anni che vivo al Nord ed in tutto questo tempo ho sempre seguito la mia squadra del cuore. Ricordo con grande gioia le tante emozioni e le tante amarezze delle cocenti delusioni che il Napoli dell’era De Laurentiis ci ha donato. Vivendo al Nord le uniche partite dal vivo che posso seguire sono quelle del Napoli a Genova (Genoa e Sampdoria), Torino (Juventus e Torino negli scorsi anni), Udine, Bergamo, Brescia, Piacenza, Bologna, Parma, Milano (Inter e Milan), Livorno.

E’ bellissimo quando si entra in uno stadio ospite ritrovarsi in migliaia. Non posso mai dimenticare i 15.000 tifosi azzurri il giorno del ritorno in Serie A a Marassi, le trasferte di Parma dove quasi eravamo di più dei locali, oppure quel San Siro rossonero sì, ma pezzato d’azzurro in ogni dove.

Eppure, spesso, troppo spesso, sparuti gruppi di tifosi organizzati venuti da Napoli con la scusa di rappresentare il tifo duro e puro, mettevano a dura prova il sistema di sicurezza delle forze dell’ordine, i rapporti con la popolazione locale (anche non gli ultrà locali) ed anche gli stessi tifosi del Napoli. Spesso, questi gruppi, in nome “ro grupp” facevano malamente spostare gli altri tifosi del Napoli da particolari aree della curva, impedivano di sventolare bandiere e vessilli azzurri, imponevano l’atteggiamento che bisognava avere. Per non dire poi che in diversi si presentavano senza biglietto e con entrate “a spinta” innervosivano le forze dell’ordine, provocando allo stesso tempo i tifosi locali.

Vi voglio adesso raccontare cosa accade oggi in trasferta con la tessera del tifoso. Le trasferte hanno visto ridursi profondamente il numero di tifo proveniente da Napoli, incrementando invece i tifosi “autoctoni”. La maggioranza adesso di chi segue il Napoli è gente che sale da Napoli con biglietto e propositi “civili” oppure gente che vive al Nord, che lavora nelle città settentrionali, che tifa Napoli in quanto vedere vincere i propri colori significa avere un argomento in più di difesa della propria città a lavoro, con i colleghi con i conoscenti settentrionali. Soprattutto persone che non hanno avuto alcun timore ad essere schedate dalla questura in nome della propria fede. La fede calcistica, per motivi di sicurezza e tranquillità, può anche tesserarsi. A Brescia, a Genova con Doria e Genoa, a Udine, la curva azzurra era popolata di famiglie, bambini, ragazze, ricca di magliette e colori azzurri come purtroppo non si vedono più in curva al San Paolo. Le forze dell’ordine quasi strabiliate da questo comportamento lavorano molto meno, sono quasi riverenti nei confronti dei supporter azzurri e di scontri (tolte le solite scaramucce razziste che siamo costretti a subire) sono sempre meno. Fa quasi pena di riflesso il San Paolo. Le curve, la A soprattutto, non sono più azzurre bensì grigie, blu-scuro, se non addirittura nere. Tutti vestiti con cappucci e giubotti neri, nessun cappellino azzurro, sciarpa, bandiera con le immagini di Diego, Zola, Careca. E’ impossibile sventolare una bandiera che non sia una bandiera dei gruppi, di quel blu notte che non so cosa abbia a che vedere con l’azzurro Napoli. Si dice che “bisogna tifare Napoli con il cuore” dimenticando che gente da tutto il mondo veniva al San Paolo per vedere Diego ma soprattutto vedere lo spettacolo azzurro che era il nostro stadio e le nostre curve. Invece no, adesso in curva anche un bambino quasi non può portare la propria bandiera. Ma che logica è questa? Ma come fa chi occupa oggi le curve (nato nell’era di Diego) ad imporre che non ci siano più i nostri colori nei settori più popolari?!?! Mi sembra tutto così assurdo.

Vedere nel settore ospiti ed in Gradinata Sud quei bandieroni azzurri di tutti noi, invece, mi ha riempito il cuore di gioia.

Fulvio Puzone (fulviopuzone@gmail.it)

S.D.

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