Campi sempre verdi, in perfetto stile inglese, anche quando pioggia, neve, freddo divorano intere zone del terreno da gioco. Possibile? Possibile. È l’ultima frontiera che lo showbusiness del mondo-calcio non solo gradisce, ma silenziosamente impone. Una vernice capace di legarsi all’erba reale e restituire alle foglie ingiallite dall’inverno su cui sgambettano gli atleti del campionato italiano la tradizionale tonalità “british”. Soluzione facile ed economica. Certamente più che rizollare un campo di 5mila metri quadrati. Una gallina dalle uova d’oro per chi deve gestire budget sempre più limitati: stesso risultato (soltanto visivo, però) di una gestione “virtuosa” del fondo di gioco e costi ridotti. Un bluff, al contrario, per gli spettatori, traditi dalla cromaticità artificiale di un campo talvolta ai limiti della praticabilità (se non oltre). Come al Bentegodi lo scorso 4 dicembre, un Chievo-Roma dove sabbia e terra avevano la tinta di una fresca erbetta primaverile. Immagini e nulla più. Ma che in un calcio in cui slowmotion e primetime sono più importanti di un calcio di rigore, e in cui gli stadi somigliano a cattedrali nel deserto abbandonate dai tifosi, rappresenta il perfetto compromesso per saziare gli appetiti delle televisioni, ingorde di colorazioni ineccepibili, senza gravare su chi vuole evitare salassi semestrali per ristrutturare i campi. Da domenica, però, qualcosa è cambiato.
Durante Lazio-Palermo, posticipo dell’ultima
giornata di campionato, Sculli ha dovuto abbandonare il terreno di gioco dopo 7 minuti della ripresa per un attacco allergico, dopo aver avvertito i primi fastidi già nel primo tempo. Il giocatore aveva bolle sulle braccia, era rosso in viso, aveva gli occhi gonfi e faticava a respirare. Immediatamente, qualcuno ha voluto legare la reazione allergica all’uso della vernice sul prato dell’Olimpico. Il medico biancoceleste Bianchini specifica: “Il fatto che il giocatore abbia giocato in quello stadio già altre volte è indicativo, riduce le possibilità che si possa trattare della vernice. Potrebbe essere stato punto da un insetto senza accorgersene”. Escluso quindi si tratti di una reazione alla colorazione distribuita su varie zone del campo? Non proprio: “Al momento non si può escludere nulla”, spiega il medico.
La vernice, più propriamente una tintura liquida a base di pigmenti inorganici e resine che permettono l’adesione a foglie e fili d’erba, nasce in Inghilterra ed è prodotta da una società inglese, la Vitax, specializzata nella cura dei “green” del regno di Sua Maestà. Un prodotto in linea con le norme europee, che non registra rischi per la salute dell’uomo o danni per l’ambiente. Alcune resine però, soprattutto quelle usate come leganti, sono in grado di produrre sintomi allergici come quelli di Sculli. Di episodi simili, in ogni caso, non vi è traccia nelle cronache sportive, da quando la tintura ha trovato applicazione sui campi della Premier League e del campionato di rugby d’Oltremanica.
In questa stagione, lo sbarco in Italia: la utilizzano a San Siro e allo Stadio Ferraris di Genova (dove Sculli è stato di casa fino allo scorso gennaio). Da qualche tempo, se ne serve anche la società di manutenzione del manto erboso dell’Olimpico: la prima volta il 15 ottobre, una settimana dopo il concerto degli U2 che aveva danneggiato il campo dell’impianto romano. Il giorno dopo, proprio Sculli e il Genoa giocano contro la Roma su quel prato. Senza conseguenze. L’ultima applicazione il 26 febbraio, il giorno prima della gara Roma-Parma e a otto giorni dalla reazione allergica di Sculli: elementi che sembrano smentire un collegamento. Nonostante tutto, però, il dubbio resta. Per evitarlo, basterebbe spendere qualche euro in più nella manutenzione e ristrutturazione dei campi della serie A. Lasciando alla vernice, lo spazio delle righe bianche.
La Redazione
C.T.
Fonte: Repubblica.it
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