Un’altra zona d’ombra. Un’altra eclisse azzurra dopo quella di novembre, anche se mitigata dall’andamento della partita di ieri. E’ che ciclicamente il Napoli sembra addormentarsi. Intorpidirsi. Come se quel famoso e maledetto “cuscino” di piume dell’allenatore di tanto in tanto la squadra se lo portasse in campo e vi adagiasse muscoli e pensieri.
Perché fa fatica? Perché – con tutto il rispetto, si capisce – Benitez può dire quel che vuole, ma il Napoli d’oggi non è il Napoli di ieri. Perché il Napoli visto dal Bologna all’Atalanta è il parente straccione (in quanto a gioco e dinamismo) di quello ch’era sembrato di diritto l’antijuve.Una partenza da campione, un’infilata di bei successi ed eccellenti prestazioni. Agosto, settembre e ottobre da primo della classe. Buoni voti e coccarda. E sogni. Fantasie. Legittime speranze. Che trimestre il primo trimestre degli azzurri, arrendevoli soltanto con la Roma. Poi novembre. Il mese delle ombre. Quelle nella quali il Napoli si perde e nelle quali si smarrisce anche il suo campione: il Pipita, che dopo i lampi col Marsiglia in Champions frena e s’arrende pure ai muscoli acciaccati. Maledetto novembre. Figlio anche di pesanti assenze. Ogni mese, un giocatore a terra, infatti, per il povero Napoli che l’uno dopo l’altro perde Zuniga (settembre), Higuain (ottobre), Mesto (Novembre), Hamsik (novembre), sino a Behrami e Reina che si fermeranno in avvio dell’anno nuovo. Ma si rialzano, gli azzurri. Dicembre sorride un’altra volta, pur se restano la rabbia e l’amarezza d’una Champions perduta come prima non era accaduto mai a nessuno. E discreto è anche l’inizio di gennaio. Poi, però, torna l’eclisse. Il Napoli prende sonno un’altra volta e stavolta la frenata assume addirittura il profilo d’una mezza crisi. Bologna, Chievo e infine l’Atalanta. Due punti in tre partite. E non solo. A far preoccupare e anche un po’ indignare, sono anche quelle tre reti fatte e le sei subite, il Pipita che litiga col gol, la fatica di Marek che non è ancora lui, l’affanno di Callejon, lo strappo di Lorenzinho con la gente, la trasparenza di Inler, gli strafalcioni di Reina e Fernandez e pure della coppia di mediani. Carte, conti, ascisse ed ordinate alla mano, Benitez dimostra che il suo Napoli sta bene. Che corre e non conosce la stanchezza. Sarà, ma da quello che si vede in campo le cose sembrano non stare in questo modo. Lo racconta la storia delle prestazioni, lo confermano i numeri e le medie. Il campionato del Napoli, infatti, si può spaccare in due. Le prime undici e le seconde undici partite. Ebbene: nella prima parte il Napoli ha messo assieme 28 punti (9 vittorie, un pari e una sconfitta); nella seconda, invece, appena 16 (4 vittorie, 4 pareggi e tre sconfitte). Medie: 2,54 e 1,45. Vuole dir qualcosa? E i gol? 24 fatti e 8 subiti nelle prime undici partite, 20 fatti e 18 subiti nelle seconde undici. Ecco perché oggi si fatica ad accettare per buoni i risultati degli “esami” di Benitez. Ma per fortuna i mesi scorrono e le stagioni pure. E anche il campionato nelle prossime undici partite può cambiare numeri e colori, cosicché il Napoli potrebbe tornare all’improvviso (soprattutto recuperando i molti, troppi infortunati) quello rapido e creativo d’una volta. Ieri si è già visto qualcosa. Del resto, se una volta è stato bello e felice, perché non può esserlo di nuovo?
Fonte: Corriere dello Sport
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