Ecco la notte al contrario, la notte del ritorno del traditore. Perché così lo hanno chiamato molti, moltissimi di quelli che per quattro anni lo hanno osannato. Traditore. Peggio. Gli hanno intonato quattro, cinque volte, un coro di quelli che si recitano solo agli infami veri. Lui, Walter Mazzarri è entrato nello stadio con il presentimento d’odio che aveva confidato in conferenza stampa sabato: «Vorrei solo che non mi fischiassero». La bomba dei fischi è scoppiata subito, s’è gonfiata alla lettura delle formazioni, quando lo speaker dello stadio ha mormorato «a disposizione di mister Mazzarri». Mazzarri ha sentito tutto dal ventre del San Paolo, mentre baciava uno dei santini posizionati sulla rampetta che porta al terreno di gioco e ne ha preso atto. Entrando sul campo che è stato il suo a lungo ha alzato gli occhi verso la curva B e ha letto lo striscione «senza inchiostro sei stato l’autore di un film tenace e appassionante: da chi il finale ha capito oggi sei ancora applaudito». Davvero un colpo d’eleganza. Il resto dello stadio però non l’ha pensata allo stesso modo: per questo Walter ha regalato il suo applauso solo a loro, a quelli della B a cui ha mostrato il segno del pollice all’insù. La telecamera ha cercato di indagare sulla tempesta di emozioni di Mazzarri, bravo come un fachiro nel controllarla: lui in primissimo piano, i fischi come didascalia. Lui non si scoraggia, abbraccia Benitez come se fosse un vecchio amico mentre i due neppure si conoscono. Napoli fischia ancora. Poi ha inizio la partita: in completo scuro ha cominciato a passeggiare come una sentinella impettita. Ma lo ha fatto senza esagerare. Qualche volta, ha lasciato la postazione in panchina, mani in tasca, avanzando di un passo. Ma lo ha fatto quasi sempre con le braccia larghe, sconsolato. Quando l’Inter segna resta impassibile. Perde la testa solo al momento del rosso ad Alvarez. Pochi attimi. L’unica concessione all’ira. La notte del traditore prosegue fino alla fine. Nell’indifferenza.
Fontr: Il Mattino
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