Ali di pipistrello, talmente ampie da schermare la porta allo scoccare delle parate più impegnative. Parate di rigore, per intenderci. Batman Taglialatela ha disinnescato i penalty di piedi famosi, quelli con le tre cifre impresse nelle statistiche, quelli di Batistuta, Baggio, Zola, Signori, Balbo e Chiesa, tanto per fare alcuni nomi di erano e resteranno famosi. Annullati ben 12 su 26 tiri dal dischetto in carriera, eppure quegli anni ’90 erano più di sofferenza che di gioia, anni di un Napoli ancora scosso dalla partenza del suo immenso leader, il Pibe.
Taglialatela, vero è che in questo momento i rigori sono l’ultimo problema del Napoli. Ma il vero problema qual è?
«L’ho detto diverse volte e qui lo ripeto. Il Napoli ha fatto cose straordinarie in una manciata di anni, ha una struttura tecnica di prim’ordine, è pronto, dopo la magica notte dell’Olimpico di Roma, a coltivare sogni di grandezza. A traguardi di primissimo piano. Questi sogni ora, e più che mai, devono essere tradotti in realtà».
Sì, ma questo Napoli è già grande?
«Affermativo. Quando lo guardo giocare mi viene spontaneo pensarlo. Per me però manca la classica ciliegina sulla torta».
Quale sarebbe?
«C’è qualche blocco in più. Qualche impasse che deve essere rimosso, se si vuole finalmente andare a vele gonfie e far rotta sulle mete più ambite. In Napoli deve caricarsi di responsabilità, ma nel modo giusto, non come semplice e pesante zavorra. Ci vogliono i leader in questo Napoli. Quelli che si fanno carico degli oneri trasformandoli, con la saggezza e l’esperienza, in energia pura, in quel tipo di forza che possa far da traino all’intera squadra. Ecco, il Napoli per diventare grande ha bisogno di uomini grandi, pronti in qualsiasi momento a caricarsi di responsabilità, ma nella maniera appropriata. Il Napoli del post-Maradona iniziò a sbandare anche perché Diego, oltre ad essere un fenomeno, era un vero e proprio leader. Non ci fu verso di sostituirlo, figuriamoci».
Ma secondo lei c’è una totale assenza di leader?
«Non ho detto questo. In difesa Cannavaro è un sicuro punto di riferimento, anche Cavani sta provando spesso a prendere per mano la squadra, a far sentire presenza e voce ai compagni. I titoli non gli mancano, è un grande bomber e un professionista inappuntabile. Io però sono dell’avviso che, quando non ce n’è uno che si erge nettamente sugli altri, si debba costruire una “dorsale” di leader. Che va dal portiere in su. Morgan in primo luogo, è nelle sue corde, poi Paolo e il Matador. Manca il centrocampo, lì vedrei bene Inler , un po’com’era Salvatore Bagni nel suo reparto. Lo svizzero ha tutte le potenzialità».
Ne rileva altre di carenze?
«Manca la cattiveria giusta, ma proprio i leader ne potrebbero essere garanti. Non c’è la necessaria concentrazione per tutti i 90 minuti. Col Milan abbiamo visto un ottimo Napoli nella prima frazione, ma poi si doveva chiudere la pratica. Fare il 3-1. Tante occasioni sciupate, il Napoli è una squadra che trasmette la sensazione di poter far gol in qualsiasi momento, tanto è rapido nel ribaltare le situazioni. Ma a volte s’inceppa. Va detto comunque che alcuni giocatori non erano nelle migliori condizioni, altri avevano giocato tre giorni prima in nazionale. Prima del Milan lo stesso problema s’era presentato col Catania, Torino, la stessa Juve. Bisogna evitare questi improvvisi black-out».
C’è un Insigne che va…
«Va che è una bellezza direi. Per lui però niente carichi onerosi. Quelli toccano ai più esperti. Lorenzo deve essere seguito, indirizzato, Mazzarri e lo staff stanno operando molto bene. Anche se, in campo, il suo talento non dovrebbe subire catechizzazioni. Solo buoni consigli, e la giusta dose di tranquillità per crescere. La sua forza è l’istinto e deve anteporla alla razionalità: peccato, col Milan avrebbe dovuto tirare in porta e non smistare su Cavani».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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