Francesco Olivo
inviato a Buenos Aires
Alla fine un sorriso è scappato anche a lui. Riduttivo chiamarlo allenatore, burocratico definirlo commissario tecnico. Lui è il maestro e basta. Questa è la vittoria di Oscar Washington Tabarez, il maestro triste, detto così più per l’aspetto esteriore che per una reale propensione alla malinconia.
I pochi tifosi uruguaiani che hanno conquistato il biglietto per la finale del Monumental fanno festa. Altri circondano lo stadio, lo assediano con le bandiere bianco e blu, con quel sole al centro che fa diventare estate il freddo luglio argentino. Ma la vera bolgia è poco distante da qui, al di là della Plata, è a Montevideo infatti che si celebra il trionfo, si gode un primato. Non si tratta soltanto di una Coppa America, prestigiosa, ma neanche troppo, quanto piuttosto di un primato continentale, sancito prima dal bellissimo mondiale nel Sudafrica (quarto posto), poi da questa anomala competizione. Al maestro in queste ore hanno circondato la casa di Montevideo, e quando, fra qualche ora, tornerà con la coppa in mano, toccherà ridere ancora. Suarez, Lugano, Forlan e Muslera fanno il giro di campo con il trofeo in mano, nello sguardo la sfida vinta: non c’è Messi, Aguero né Tevez, anche Pato, Ganso Neymar sono lontanissimi da qui. I campioni sono loro, mai troppo celebrati, ma molto più concreti dei parenti ricchi che continuano a far scaldare le trattative di calciomercato, ma non danno soddisfazione ai loro compatrioti. A uno come Diego Forlan per esempio non toccherà mai sentirsi dire quello che nei bar, nei mercati e nei taxi di Buenos Aires si va ripetendo sulle stelle nazionali: «Gran jugador con pecho frio», ovvero campioni dal petto freddo, senza coraggio né passione.
Che fosse arrivato il momento del riscatto continentale dell’Uruguay lo si capiva da qualche giorno, con le strade del centro di una Baires disincantata piene di tifosi che reclamavano i biglietti, con tanto di striscione e fischietti come in una manifestazione sindacale. «Su Internet si trovano i bagarini che fanno affari, a noi che non possiamo permetterci quelle cifre assurde ci dicono che non c’è più un posto libero. Allora perché quei truffatori sono pieni di biglietti». Ma l’ora delle polemiche è finita nel momento in cui il pullman della squadra è partito per il Monumental. Dalla Recoleta allo stadio (profanato) del River è stato tutto un corteo di clacson. Alla guida (spirituale) del bus e della patria c’era lui. Il maestro triste e vincente.
Fonte: Leggo
La Redazione
M.V.
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