E’ difficile comprendere ciò che stimola la mente umana a mantenere sempre la stessa perseveranza e convinzione su ciò che si sta facendo, o addirittura a far meglio. Nel senso: dopo anni in cui si sono compiuti sempre gli stessi gesti, come si fa ad andare sempre a mille, con lo stesso atteggiamento di sempre? C’è bisogno di nuovi stimoli, soprattutto raggiunta una certa età. Nel calcio, la ‘certa età’ è dai trentadue anni in su, più o meno. Dipende dai punti di vista, perché poi ci sono le meravigliose eccezioni che riescono andare ben oltre quell’età. Può capitare, però, di aver a che fare con persone che con un semplice discorso possono rendere un calciatore entusiasta, come quando aveva ventuno anni. E’ il caso di Lucas Barrios, nato a Buenos Aires ma con passaporto paraguaiano.
La Pantera a quasi 36 anni ha trovato la forza e gli stimoli di ricominciare in un’altra squadra, dopo essersi svincolato dall’Huracan, squadra che ha fatto decollare la sua carriera insieme all’Argentinos Juniors, e ha formato un po’ del grande attaccante che è e soprattutto che è stato. Dunque, qual è la squadra a cui Barrios non ha saputo dire di no? E perché? Già. Il motivo del suo sì è ancora più interessante della squadra in sé, che è il Gimnasia La Plata, che sostanzialmente nella sua storia si è limitato a vincere un solo titolo argentino nel 1929, durante l’era dilettantistica, ed è sempre vissuto all’ombra del più famoso Estudiantes, l’altro club di La Plata. Tuttavia, El Lobo è allenato da un signore che nel fútbol qualcosa ha fatto e qualche sogno dei sudamericani lo ha realizzato: Diego Armando Maradona. La storia di Maradona in pochi non la conoscono, e ridurla in poche righe -per una questione di tempi e spazi- sarebbe un insulto verso quello che ha fatto nel mondo del calcio.
“No podía decirle que no a Diego”
(Lucas Barrios durante la conferenza stampa di presentazione col Gimnasia)
Bisogna soffermarsi sull’esperienza del 10 alla guida del Gimnasia: ha ereditato una squadra vicina al tracollo, ultima in classifica. Si è dimesso, poi dopo una protesta dei tifosi la società ha dovuto chiamarlo e convincerlo a ritornare. Salvare il Gimnasia è a oggi un’impresa più che ardua, visto che in Argentina vige il promedio, quindi le retrocessioni si decidono in base alla media punti degli ultimi tre campionati, e quella del secondo club di La Plata -per titoli vinti, s’intende- non fa ben sperare nella salvezza. Maradona aveva bisogno di un vero numero 9 e ha deciso di chiamare La Pantera, che ha così commentato la sua decisione in conferenza stampa: “Quando ti chiama Diego è difficile dire di no. Ho una grande personalità e mi piacciono molto le sfide. Sappiamo di essere in una situazione difficile, ma vogliamo far punti, perché il nostro obiettivo è restare in Primera División“. Idee chiare, ma quelle le ha sempre avute: come quando decise di scegliere il Paraguay e non l’Argentina, convinto dal Tata Martino -un altro argentino- insieme ad altri due argentini, Raul Bobadilla e Juan Manuel Iturbe.
Ha girato il mondo, ma il miglior Barrios lo si è visto al Colo Colo e al Borussia Dortmund, con il quale è riuscito anche a vincere due campionati e a giocare la Champions League allenato da Jurgen Klopp. Tappe importanti, certo, che lo hanno reso un signor giocatore per il modo in cui trascinava le sue squadre verso la vittoria e i vari titoli vinti, come la Copa Libertadores con il Gremio. In settimana è arrivata la firma con il Gimnasia, dopo aver accettato la proposta di Maradona e su questo Barrios è stato fortunato, perché nella vita si possono incontrare poche persone che con poche chiacchiere possono far ritrovare vecchi-nuovi stimoli, vivendo tutto con l’entusiasmo di un ragazzo, non con la stanchezza di un calciatore che ha già dato tutto ciò che poteva dare.
Nico Bastone
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