Le persone vivono di sfide. L’eccitazione di riuscire a fare una cosa apparentemente impossibile è impareggiabile. Non ha senso vivere di routine, in modo lineare, senza provare la sensazione di provare a compiere un’impresa. E per impresa non s’intende per forza vincere un campionato o una coppa con la squadra più debole in gara, ma può anche essere mettere pace in un ambiente in cui pace non ce n’è. Ed è il caso del Defensa Y Justicia, squadra della Superliga Argentina, che lo scorso anno è finita al secondo posto e che questa stagione è ritornata a essere due passi indietro rispetto ai club più blasonati. Un periodo di transizione che è complicato da affrontare, se prima le cose non sono messe bene in chiaro. Ma è meglio andare di più nello specifico.
Mariano Soso ha lasciato l’incarico da allenatore del Defensa Y Justicia per divergenze con la società legate al mercato. La cessione di Nicolás Fernández al San Lorenzo, per un paio di milioni di dollari e il cartellino di Nahuel Barrios, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il fatto, però, è che il Defensa è una squadra particolare. Non si tratta di un club con una nomea prestigiosa come il River Plate, il Boca Juniors, l’Estudiantes de la Plata o il San Lorenzo. E’ semplicemente un club piccolo, che è sempre andato avanti grazie alla competenza dei dirigenti, bravi a costruire delle squadre che poi hanno portato risultati con un budget ridotto al minimo. Quando però si raggiunge un grande risultato, e quindi si esce fuori dalla comfort-zone che può essere una salvezza tranquilla e un posto a metà classifica, le prospettive dei tifosi, dei giocatori e degli allenatori possono cambiare. La scorsa stagione l’Halcón è arrivato al secondo posto, dietro al Racing Club, lottando a lungo per il titolo: si è trattato del piazzamento più importante della storia del club, che è valso la prima qualificazione in Copa Libertadores. Un grande risultato, senza alcun dubbio. Ma di quella squadra sono rimasti in pochi. L’allenatore Sebastian Beccacece, autore di un ottima proposta di gioco nel suo 4-3-3, è stato ingaggiato prima dall’Independiente e poi dal Racing e parecchi calciatori o sono stati ceduti o sono ritornati nei loro club dal prestito.
Il Defensa in quel periodo veniva paragonato al Leicester, perché in grado di vincere spesso negli ultimi minuti. A livello di società, in Italia potrebbe essere paragonato al Genoa, o a un’Udinese ma con una situazione finanziaria critica, come quasi tutti i club in Sudamerica. Nello specifico, sono le commissioni e le percentuali dei cartellini dei calciatori destinati agli agenti a rendere le società così vulnerabili economicamente. Dunque, vendere è una necessità più che un mero piacere plusvalenzistico: tuttavia, il 3 marzo ci sarà l’esordio contro il Santos in Libertadores e per quanto Lucero e Marquez possano essere buoni attaccanti, non sono all’altezza del già citato Fernandez.
Al posto di Soso la dirigenza dell’Halcón ha deciso di ingaggiare Hernán Crespo. Una leggenda del calcio argentino -e italiano- per quello che ha fatto da giocatore. Si troverà di fronte a un compito difficile, ma interessante: la possibilità di riscattarsi dalle spiacevoli esperienze da allenatore con Modena e Banfield, alla guida di una squadra che cerca un condottiero che ripeta le gesta di Beccacece, o che almeno ci si avvicini. L’esperienza alla guida della Primavera del Parma non è stata buttare, anzi. Volendo usare un eufemismo, però, il suo curriculum da allenatore non è simile a quello da giocatore. Si tratta di un grande nome e il suo impatto potrebbe essere quantomeno simile a quello di Diego Armando Maradona al Gimnasia: provare a riportare entusiasmo come la stagione scorsa, prima di vedere i risultati sul campo.
Nico Bastone
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