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Storia dei portieri del Napoli, che tradizione: da Sentimenti II a Zoff fino a Reina

Pepe Reina non sa, e non può sapere, che quella maglia è stata indossata dal fior fiore dei portieri italiani. Peraltro quasi tutti con la fama di pararigori. Il Napoli, infatti, nel corso dei suoi quasi novant’anni di storia, ha avuto estremi difensori che hanno fatto parlare per le loro prodezze. Da Cavanna, a Sentimenti II; da Casari, a Bugatti; da Zoff, a Castellini (anni ’70); da Garella, a Galli; passando per Taglialatela, fino a Morgan De Sanctis che detiene il record d’imbattibilità nella massima serie.

ANNI ’30 – Il primo fu Giuseppe Cavanna, vercellese, zio per parte materna di Piola. Volle restare nel Napoli per tutta la carriera, dal 1929 al 1935. Vice di Combi al Mondiale del ’34, amava giocare con una coppola in testa. All’ «Ascarelli» volava da un palo come nulla fosse, tanto da fratturarsi una clavicola alla prima giornata del campionato ’30-’31, proprio contro la sua Pro Vercelli. Nel ’38 fu la volta di Arnaldo Sentimenti II, modenese, uno dei sei fratelli, detto «Cherì». Un pararigori come pochi. Ne aveva sventati sei di fila, tra cui uno a Piola, un altro a Bernardini, un altro a Foni, finchè non venne battuto proprio dal fratello, Sentimenti IV, anche lui portiere, in un Napoli-Modena del ’42. Nessuno degli emiliani volle andare sul dischetto per paura. Vi andò Sentimenti II, dopo aver detto al fratello: «Non ci provare che ti spezzo le dita». Fece gol ed interruppe la serie, litigando con il fratello Arnaldo. La partita terminò 2 a 1 per il Napoli.

ANNI ’40-’50 – Furono quelli dello stadio «Collana» al Vomero. Nel ’50 arrivò Giuseppe Casari, bergamasco. Lo chiamavano il «gigante buono». Dal dischetto era difficile fargli gol. Non altrettanto bravo sui tiri dalla distanza. E dopo di lui toccò ad Ottavio Bugatti, milanese di Lentate sul Seveso, otto campionati nel Napoli. Chiamato il «gatto magico», una volta scese in campo con la febbre e la fece da protagonista in casa della Juve.

ANNI ’60 -’70 – Dino Zoff venne soffiato al Milan all’ultimo secondo della campagna acquisti del ’67. Lo battezzarono «Batman». La sua virtù era il piazzamento tra i pali. Si vantava di essere figlio di contadino, spiegando così i suoi silenzi. Fu ceduto alla Juve dopo 143 partite in azzurro per 320 milioni di vecchie lire (era stato pagato 120 milioni).
E poi il «giaguaro», Luciano Castellini, milanese, giunto a Napoli a 33 anni, distintosi per le sue scaramanzie prepartita e le sue uscite dai pali da vero kamikaze. Su 202 gare, non subì gol in ben 94 incontri.

ANNI ’80 – L’epoca d’oro degli scudetti e della Coppa Uefa. E qui, il protagonista tra i pali divenne Claudio Garella, uno che parava con tutte le parti del corpo, poco con le mani, ed indossava una maglia rossa. Anche lui ipnotizzava gli attaccanti sul dischetto del rigore, grazie alla sua mole. E poi ecco l’ischitano Pino Taglialatela che amava appuntarsi già allora come gli attaccanti usavano calciare dagli undici metri e volava per andarli a neutralizzare. Infine, Morgan De Sanctis, il pirata, altro specialista sui penalty, nonchè il portiere che ha contribuito alla scalata del Napoli ai vertici del calcio europeo e passato il testimone (suo malgrado) a Pepe Reina.

Fonte: Corriere dello Sport.

La Redazione.

D.G.

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