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Spot col Napoli, è rivolta: «Toglieteli da Salerno»

All'epoca di Maradona gli incroci erano feste di popolo

È una giornata afosa di fine luglio. A Rovereto c’è la prima impegnativa amichevole del Napoli di Mazzarri, contro il Grosseto, mentre il Salerno Calcio di Lotito e Mezzaroma – risorto dopo il fallimento della Salernitana calcio 1919 ed iscritto al campionato di serie D – sta cominciando a prendere forma. A pochi chilometri dalla sede del match dei partenopei c’è Trento: qui va in scena la gara tra Verona e Sampdoria. Sono arrivati migliaia di sostenitori scaligeri. E gran parte degli ultrà dell’Hellas indossa una maglia con la scritta «Io non sono napoletano» e grida slogan contro «i terroni salernitani». I due popoli campani sono accomunati nell’odio calcistico nordista, come accade in gran parte dell’Italia oltre il fiume Po. Ma questa congiuntura di avvenimenti deve essere di difficile comprensione per chi, a Salerno, ha deciso di imbrattare i manifesti pubblicitari della Lete, società che imbottiglia acqua minerale ed è sponsor del calcio Napoli.

I maxi-poster dell’azienda presieduta da Nicola Arnone, che raffigurano i giocatori azzurri, sono diventati lavagne per frasi ingiuriose contro i napoletani e disegni a dir poco indecorosi sui volti di Lavezzi, Cavani o Hamsik. Tutto per una rivalità calcistica, nata qualche decennio fa quando alcuni capi ultrà partenopei invitarono i tifosi azzurri a sostenere la Juve Stabia contro la Salernitana, nello spareggio per la serie B che si giocò al San Paolo. Era il 1994 e sulla panchina granata c’era Delio Rossi. Fino ad allora, tra le due tifoserie non c’erano stati grandi screzi. Anzi, soprattutto nell’era Maradona, non erano mai mancate amichevoli o incontri di Coppa Italia che puntualmente si trasformavano in feste di sport e di popolo.

Da allora le partite tra Napoli e Salernitana sono state caratterizzate da gravi incidenti. E ora anche da questa ultima frontiera dell’odio calcistico. Ma c’è chi ha deciso di opporsi a questa indecenza. Chiedendo al «Giurì nazionale della pubblicità», con una lettera alla quale sono state allegate anche le foto dei manifesti imbrattati, di intervenire. La protagonista della richiesta è una giovane ragazza salernitana: Roberta Oddati, 24 anni, laureata in Scienze della Comunicazione.

Figlia di Nicola, noto storico salernitano, e nipote di un altro Nicola: ex assessore al Comune di Napoli ed ex presidente del Forum delle Culture. «Nei cartelloni l’immagine dei calciatori è predominante – scrive la Oddati al Giurì – e attirano l’attenzione di un pubblico-tifoso. Così questa pubblicità induce alla violenza e al compimento di atti vandalici. Ulteriore provocazione è data dai manifesti affissi nei pressi dello stadio di Salerno, presi di mira e imbrattati. Pur non essendo direttamente destinata a un pubblico minorile, questa pubblicità raggiunge anche bambini e adolescenti che più di qualunque altra categoria possono ritenere lesi i loro normali sentimenti di tifosi e di salernitani e quindi possono essere maggiormente influenzati, vista l’età, a compiere azioni violente o esporsi a situazioni pericolose».

Sulla base di queste valutazioni, la Oddati ritiene che ci siano due strade praticabili per evitare che l’odio calcistico causi questi spettacoli: chiedere alla società che pubblicizza le acque Lete e Sorgesana di cambiare i manifesti a Salerno, oppure attendere un intervento drastico del Giurì. Che preveda «il divieto di affissione di tali manifesti – è scritto nella lettera spedita a Roma – nel territorio salernitano». Ma questa opzione pur eliminando il problema, rappresenterebbe una sconfitta per la stragrande maggioranza delle persone civili salernitane.

Fonte: Corriere del Mezzogiorno.it

La Redazione

M.V.

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