La rabbia covata in silenzio. Su quanto sia effimera la gloria nel calcio, Paolo Cannavaro potrebbe scrivere un corposo trattato. Quattro mesi fa regnava sul Napoli e sulla difesa azzurra che approdava trionfante alla Champions. Pochi istanti dopo il trionfo, con scarso tempismo fece capire che desiderava un ritocco sul contratto. Non ha avuto il ritocco. Ma il capitano, con l’arrivo di Benitez, ha capito di non essere più un indispensabile. Lo ha capito ancora una volta ieri, quando si è dovuto sedere in panchina ancora una volta. E ancora un’altra volta, davanti al pubblico di casa. Quando tutti erano certi che toccasse a lui. Acqua passata. Il presente è da panchinaro e i primi due mesi con Benitez sono stati solo di patimenti. Ma ieri l’amarezza è stata duplice: non solo l’esclusione ma nel giorno in cui non c’è Albiol. La parola che circola, feroce, è che per Cannavaro è stata una bocciatura. Definitiva. Lo spagnolo insiste: solo turnover per far crescere la rosa. Quando a un certo punto Benitez gli ha detto di andarsi a scaldare, Paolo lo ha fatto con la stessa velocità e voglia di un leone che si alza da sotto l’albero in pieno giorno. Passo lento, lentissimo. Un po’ di esercizi e poi la liberazione di tornarsene in panchina dopo l’ingresso in campo di Bariti. Esce dalla pancia del San Paolo in silenzio. Senza neppure in tweet o un messaggio su Instagram.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
A.F.
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