Catania. Pechino. Senza andare al passato, alla preistoria (cioè Turone, Ronaldo e altro…). Con la sempiterna ossessione: Agnelli e Moggi. Gli altri esistono come contorno, non altro. Il calcio propriamente tecnico riflette la sua letteratura. Impostata su due sole direttive, una più approfondita, varia e opportuna. L’altra costruita solo sul contrasto. Bianco? No, nero! Quasi legittimo, per certi versi, l’inserimento dei non addetti ai lavori. Domenica sera una gran parte di intellettuali italiani (scrittori, Professori Universitari, Filosofi, Rettori) a interrogarsi: Il calcio è importante? – chiedono (anche in risposta al polverone sollevato dal presidente del Catania, Pulvirenti) – allora discutiamone. Non hanno tutti i torti. Meno torti abbiamo noi che sollecitiamo appunto la scoperta della mezza Italia rimasta fino ad oggi fuori da ogni discussione. E che, invece, potrebbe riuscire utile per variare i termini di un discorso che sta finendo con lo stancare un po’ tutti, nonostante il crescente successo di folla.
L’ossessione, tanto per tornare all’attualità italiana, Nord – Sud. La mancanza evidente di coraggio per evitarla. Le tavole rotonde imbastite in tutte le trasmissioni televisive italiane e su tutti i giornali, siti web, radio, solo su questo argomento: gli scandalosi striscioni di Torino e gli squallidi cori in giro per l’Italia: “Vesuvio lavali con il fuoco etc”. Cori, cosa strana, che i nostri concittadini Ferrara, Quagliarella e i meridionali Conte, Alessio, Franz Stevens, non hanno mai sentito.
E, dico io, Abete non potrebbe imbronciarsi per questo? La dialettica del calcio si articola così. La nostra bella Italia riesce così a ripetersi negli stessi termini che contraddistinguono il suo notevole squilibrio economico – sociale, anche nel sempre più difficile e importante gioco del calcio. A pochi passa per la testa che l’allargamento della discussione, con ton tutti i motivi nuovi che potrebbero scaturirne, forse restituirebbe colorito alla sempre più pallida divergenza, legata, per buoni tre quarti, alle sostanziate invenzioni e agli argomenti nati 40 anni fa con il padano Gianni Brera, continuate poi con questi della “Lega Nord per l’Autonomia della Padania” e al no dei suoi avversari giornalistici. La strozzatura mi sembra evidente e minaccia il nostro cosiddetto sport nazionale, come in realtà altre ben complicate strozzature minacciano l’equilibrio sociale italiano. Certo, inutile negarlo, colpa anche nostra, squisitamente meridionale. Della incapacità cioè strutturale e psicologica (per non dire altro) che mostriamo nell’inserirci nella polemica in atto.
Nella Calabria, nella Sicilia, nella Irpinia vediamo, ad esempio, da anni, esplodere atleti di raro coraggio. Capaci di affrontare le difese con ben diverso piglio degli sbiaditi e deperitissimi fratelli dell’Est e del Nord (Borriello, Di Natale, Quagliarella, Floro Flores, Immobile, Insigne etc.). L’alternarsi naturale delle classi sociali (proletari – borghesi) vicino agli interessi che suscita il calcio, sta maturando e preparando concezioni certamente diverse da quelle tradizionali e ormai ossessive. La spinta sociale, la necessità, suggeriscono termini nuovi e determinano esigenze più concrete.
Alla mano d’opera locale si aggiunge il piede d’opera locale e non per trito e demagogico campanilismo (come vogliono far credere i più beceri ed incapaci) ma per necessità. Per urgenza di provvedimenti da ricercarsi dappertutto. Ecco allora l’ossessione calcio attenuarsi e favorire dialoghi più utili e seri. Ecco chiarire i termini che propongono gli intellettuali in particolare: gioco del calcio, affare del calcio, sottogoverno.
Ecco così l’Italia allargarsi, completarsi, fondersi. Poi la parabola o l’ascesa spontanea o voluta chiariranno ancor meglio. Dagli spalti caleranno sulle piste i tifosi e diverranno atleti come si richiede? Bene. Non caleranno? Il calcio si è già inserito più obiettivamente, tra la Fiat, Filmauro, Saras, Paluani, Mapei, Confindustria, Unicredit, le Banche e via dicendo. Restare all’ossessione Nord – Sud oppure scivolare sui temi tattici del calcio (difensivismo o offensivismo) me lo consentano la buona anima di Gianni Brera o i Nuovi Padani, non può giovare.
Politica del dialogo, dite? D’accordo. Ma dialogo aperto a tutti quelli capaci di poter intervenire e contribuire, non dialogo tra pochi intimi. Nutrito soltanto così, anche per colpa dei suoi dirigenti, il calcio diverrà ridicolo. Occorre qualcosa d’altro. Cerchiamolo a sud. Gli spunti ci sono.
Tanto per cominciare (il nostro particolare) chiediamoci se il Napoli potrà effettivamente vincere lo scudetto. Rispondo senza esitazioni: il bandolo della matassa lo possiede, e forse, povera anima, non lo sa neppure lui, proprio De Laurentiis. Tecnicamente invece la nostra risposta è chiarissima e l’abbiamo fornita fin dall’apertura del campionato, con questo titolo: “un Napoli leale alla pari con Juve e co.”. Poi abbiamo contribuito criticamente alla sua attuale e notevole posizione di classifica. E affatto sforzandoci, ma unicamente cercando di interpretare il materiale a disposizione di Mazzarri. Sarà stato un caso ma il gol di Hamsik con il Chievo è scaturito da uno schema da noi previsto e tratteggiato tre settimane prima.
Insigne schierato al posto di Cavani, ma appostato a completamente del centrocampo, meno sottoposto a Pandev, svariante sull’ala.
Alè vecchio Napoli! Le centurie partenopee sugli spalti si eccitano. Il tifo rotola e riscalda. Un manipolo di commandos mi spiega che la colpa del casino a Torino anche dagli juventini è stato voluto.
Mazzarri ha trionfato con il Chievo come meritano i semplici che restano tali e non vanno a impantanarsi, invece, come vorrebbero alcuni, sulle terrazze di qualche circolo nautico. I fiscalisti sono utili, ma non per trasformare un semplice, un proletario in un club – man. Gradiscono la corte………calcistica? Bene. Ma non la guastino, la rispettino. E se vogliono cavarci della facile pubblicità facciano pure. Ora tecnicamente e tatticamente alcune perplessità sussistono. E investono quelli già debitamente segnalati: Campagnaro (unico difensore dal passo rapido) non ha alternative; e Behrami, magnifico difensore se difende, magnifico attaccante se attacca. Erano 5 anni che lui non giocava così bene. Anche lui non ha alternative.
Behrami garantisce allo schieramento del Napoli un grande scrupolo difensivo. Se Hamsik regge, è Behrami l’uomo campionato, non altri. Vedremo ancora meglio tra 10 giorni dopo Bergamo e Torino. Tratteggiato il profilo tecnico-tattico, ancora da perfezionare, o meglio da disciplinare. Resta De Laurentiis, che rappresenta in realtà la società, fattore da lui stesso indicato come determinante, appunto assieme alla squadra e alla folla, per la conquista di un ipotetico scudetto. Stabilito dunque che la squadra, opportunamente perfezionata c’è, così pure come la folla, tornata calda e oceanica…….., non resta che lui. Punto di congiunzione e di equilibrio dell’intera situazione. De Laurentiis adesso dovrà mostrare di saper governare. Saper governare significa anche saper unire. Pe n’acino e sale perse a menesta, si dice a Napoli. L’acino di pepe esiste tuttora. Anzi con ben maggiore peso. Se De Laurentiis è capace di intuire dove si è potuto sbagliare finora (e quindi di correggersi) gli ingredienti, da lui stesso indicati, sarebbero al completo, quindi in grado di sciorinare il meglio. Se De Laurentiis, anche per altrui malignità, questo non capirà, la squadra e la folla non potranno certo supplire alle deficienze della proprietà e società e la frana seppellirà innanzitutto lui. Migliore di tutti i suoi predecessori, l’ho già detto, De Laurentiis è di certo. Significa molto, significa niente. Significherà tutto la maniera con la quale da oggi procederà per unire un ambiente che purtroppo, anche per colpa sua, unito non è affatto. Qui è Rodi, qui ancora e sempre si salta, caro presidente.
Il mistral, consenta glielo dica un nipote di buoni pescatori di Mergellina, è un’amena puttanata. La vera croce del Sud è nell’agro nocerino sarnese, sui quartieri spagnoli, in certe straduzze della Gizzeria, nelle squallide campagne della Lucania, in riva al mare che lambisce e tormenta la Sicilia, è nelle case celesti, nelle vele, nella terra dei fuochi. Altro che Marrakesch!
De Laurentiis si è voluto eleggere re. Lo sia. Dimostri di saper governare.
Nando Troise
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