Un viso da bambino. E la carta d’identità lo conferma in parte: 6 ottobre 1997, vuol dire che ha da poco compiuto 19 anni. Ma Kasper Dolberg, punta (di diamante) dell’Ajax, non ha niente in comune con i suoi coetanei. A cominciare dalle cifre, pazzesche, che sta facendo registrare in Eredivisie: otto gol in dodici partite, con tanto di tripletta ieri nella sfida contro il NEC, per la media di una rete realizzata ogni 99 minuti.
Dolberg nasce a Silkeborg, una cittadina danese dello Jutland centrale. Si forma calcisticamente nella squadra locale, e da subito è chiaro che c’è qualcosa di più nel suo atteggiamento silenzioso. “Ma perché non parli mai?” gli chiedevano i suoi compagni di squadra. “Non ti piace vincere?” era la domanda dopo i successi ottenuti. “Vi assicuro che non ci hanno messo molto a capire che adoro vincere, ma non nel modo in cui piaceva a loro” ha raccontato Kasper nei primi giorni ad Amsterdam.
Un giovanotto danese da una squadra di provincia per sostituire Arkadiusz Milik: un’eresia al quartier generale dell’Ajax. Ma Overmars e Bergkamp non ammisero rimostranze, puntando decisi sul ragazzo. Dolberg ha trascorso un anno nelle giovanili biancorosse, sotto la guida di Winter, prima di essere promosso quest’anno in prima squadra. La società avrebbe preferito evitare il suo acquisto all’epoca, per favorire la crescita dei ragazzi del proprio vivaio. Ma quando a mettere la faccia sono due dirigenti simbolo di un modo di concepire il calcio, prima che della squadra stessa, ogni titubanza fu messa da parte. Spinse per il trasferimento anche Frank de Boer, che però non riuscì a farlo esordire. 270 mila euro al Silkeborg bastarono per portarlo in Olanda.
Il passaggio ad una grande realtà del calcio fu un motivo di grande orgoglio per la famiglia. La madre addirittura si è commossa quando il suo Kasper ha esordito con l’Ajax. Tuttora, peraltro, conserva meticolosamente tutti gli articoli che parlino del figlio e nell’ultimo periodo devono essere tanti. Ma allora cos’ha di diverso dagli altri giovani calciatori? Basti pensare al suo rapporto con i social network: “Faccio solo il necessario, non mi piacciono molto”. Per non parlare dell’abbigliamento. “In genere indosso solo vestiti di colore nero, perché esprimono modestia e io mi sento così” precisò all’inizio di un’intervista ad una testata olandese.
Come tutti i talenti dell’Ajax, anche Dolberg deve passare per le sapienti mani di Bergkamp. E come tutti prima di lui, ne è rimasto incantato, dalla tecnica e dai modi: “Adoro allenarmi con lui, ha ancora il tocco da grande giocatore. Mi ha mostrato tante cose incredibili, eppure rimane un uomo umile, che non parla molto. Ma quando lo fa, è eccezionale”. E può diventare l’erede di Milik, a tutti gli effetti, ad Amsterdam, ma anche a Napoli. Perché i suoi gol non sono sfuggiti nemmeno a Cristiano Giuntoli, direttore sportivo degli azzurri, che in un paio di occasioni l’ha fatto visionare e che continua a tenerlo d’occhio. Ma bisogna sbrigarsi: Dolberg non è un giocatore qualunque. Garantiscono Overmars e Bergkamp.
Fonte: Gianlucadimarzio
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Ok Notizie (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pocket (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Altro