Fernando Signorini, preparatore atletico di Maradona, ha rilasciato un’intervista ai microfoni del Corriere del Mezzogiorno, soffermandosi sul ricordo del secondo scudetto azzurro e sul rapporto con Diego.
Trent’anni dopo cosa le ricorda il secondo scudetto del Napoli? “In queste settimane di lockdown che anche a Buenos Aires è in pieno corso ho avuto il tempo di rivedere anche le immagini di quegli anni. Il secondo scudetto doveva arrivare già nel 1988, il Napoli aveva quattro punti di vantaggio a cinque partite dalla fine, nel 1990, invece, abbiamo vinto anche grazie ad un imbecille che a Bergamo tirò la monetina ad Alemao prima di realizzare il sorpasso con il trionfo di Bologna e la caduta del Milan a Verona”.
Cosa pensa quando legge ancora le polemiche sullo scudetto del 1990? “Diego era troppo antipatico al potere, non hanno mai digerito la sua cassa di risonanza che sfruttava anche per cause nobili. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è la semifinale vinta contro l’Italia al Mondiale, non gliel’hanno mai perdonato. Diego ha portato il Napoli alla vittoria nel campionato italiano, che a quei tempi era il più importante al mondo, troppo per loro. Il Napoli aveva una rosa di ottimo livello ma Maradona faceva la differenza”.
Che rapporto ha oggi con Diego? Lo sente ancora? “Si, ogni tanto ci sentiamo. Lui adesso è al Gimnasia La Plata che somiglia al Napoli del 1984-85, una squadra in lotta per la salvezza, l’unica grossa differenza è che Maradona allora era in campo, oggi è in panchina. Parliamo sempre di Napoli, in quella città ho vissuto rapporti indimenticabili: l’avvocato Vincenzo Siniscalchi, i figli di Enrico Isaia, Gianni Minà. Napoli è la cosa più bella che mi è successa nella vita, manca qualcosa a chi non conosce questa città. È il luogo più vivo al mondo e sono stupito anche per il modo in cui trasmette emozioni con la musica, il sorriso della gente, i fuochi d’artificio. Il mare è meraviglioso, ho un ricordo fantastico della costiera, se potessi scegliere la città in cui vivere, opterei sempre per Napoli. Se Diego fosse andato in un’altra squadra, la sua carriera non sarebbe stata uguale”.
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