Vero o «falso» ma che fa: perché in un 3-2 contro i vice campioni d’Europa, c’è del buono a prescindere; c’è la statura caratteriale d’una squadra che sa come vivere sul serio qualsiasi sfida, fronteggiando pure le proprie tossine; c’è la capacità di reagire, rialzarsi, andar sotto, boccheggiare e poi rivoluzionare il clichè. Napoli 3, Bayern 2: e tra le pieghe di un’amichevole, con tedeschi senza un bel po’ di titolari ed azzurri con il contachilometri intasato dall’allenamento mattutino, c’è quanto basta per lanciarsi nel futuro con i ventitré anni di Eduardo Vargas, i ventuno di Lorenzo Insigne, piccoli uomini che crescono e che con tono amichevole, lo dice pure la parola, sanno come infiammare l’estate di Napoli.
LA FATICA– La salita del Bondone costerebbe meno della scalata d’una partita che diventa complicata in fretta, al 16′, sulla prima accelerazione di Robben, illuminatosi d’incanto, capace di slalomare tra tre avversari sulla metà campo, di allargare su Shaqiri, poi di andare a calciare nel mezzo. Il muro di Zuniga pare salvifico ma invece no, perché sulla respinta a corpo morto c’è Alaba, che prova il destro, trova la coscia decisiva di Campagnaro che manda il pallone nell’angolo opposto al volo di Rosanti. E’ 1-0 e si sciolgono i muscoli, quelli dell’olandesino volante sono leggeri e rendono Robben una libellula, per frenare il quale occorre il miglior Rosati in due tempi. Perdere non piace a nessuno, manco a briscola, e il Napoli mischia le carte, spariglia le idee e mostra che nell’acido lattico ci sono qualità nascoste: quelle di Vargas (20′), costringono, con l’esterno sinistro, Starke ad un colpo di reni; quelle di Insigne, di potenza, alimentano un ohhh d’ammirazione per la randellata che si spegne sui tabelloni pubblicitari.
DIFFERENZA– La sfida è in avvio (atleticamente) impari e si nota a vista d’occhio, evidenziata dalla corsa agevole del Bayern, lanciato da una preparazione anticipata, e dalle inevitabili difficoltà d’agilità del Napoli, compresso nei suoi carichi della prima decade di ritiro. E però le amichevoli a questo servono e vanno affrontate con avveduta disposizione: Dossena aspetta Robben, Inler si abbassa su Shaqiri, Hamsik osserva Tymoshchuk, Dzemaili e Luiz Gustavo si tengono a distanza, Zuniga sta in prima battuta su Alaba che poi ritrova Campagnaro e Insigne scioglie il primo accenno di emozione galleggiando a ridosso di Vargas.
POVERO EDU– E’ un match che sfila via tra dinamiche tattiche utili – eccome – ai tecnci e pure a chi sta in campo; sino a quando, poi, l’analisi non si sposta fuori dal campo, investe gli dei e la sorte, che al 42’ si concentrano ancora contro Edu Vargas, pover’anima privata pure dalla forza di smoccolare nel vedere il suo destro, su percussione-assist di Hamsik, sbattere (e con violenza) sul palo lungo. Il Napoli s’è scrollato ormai da dentro la colla, Insigne ha costretto Dante ad un «falletto» che in autunno sarebbe da giallo e che Peruzzo gestisce con apprezzabile buon senso e il finale esalta il senso pieno dell’estetica: destro di Dzemaili (44′) per il quale serve il miglior Starke. Corner e schema: da Insigne a Campagnaro a Insigne e sulla seconda palla, capolavoro tecnico-scenografico di Cannavaro, che va in rovesciata e trasforma il pomeriggio in una clip per le scuole calcio.
LO SHOW – Mai dire mai, perché nella ripresa c’è ancora altro, c’è la voglia di Napoli e Bayern di raschiare dal fondo del barile, c’è una frescura che probabilmente aiuta e c’è uno Zuniga che si toglie i lacci, ci crede, trova relativa contrapposizione in Contento. C’è «quel» Vargas che dà profondità, tiene Van Buyten in ansia e lo spreme, sino a quando esce. E allora, entra in scena Pandev, che con il Bayern si diverte sempre e stavolta pure, per il 2-1 a porta spalancata sull’iniziativa personale di Zuniga. Il giro-palla sembra più naturale, i reparti più ravvicinati e il Bayern meno lontano, anzi dietro, 2-1, sino a quando poi non ci pensa Shaqiri, dal limite, con una carezza al pallone, trova l’incrocio dei pali per il 2-2. E’ pari in tutto, ma solo per un po’, solo perché Starke strozza la «mazzata di Vitale; sono sino a quando allo «scugnizzo» – che hanno nelle proprie corde pure i tempi scenici – Lorenzino Insigne esce dalle tenebre e pum, botta secca di destro, angolo basso e braccia al cielo, mentre nelle valli s’ode un’eco e s’accende una luce.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.F.
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