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Si gioca troppo per il business, i calciatori non sono macchine

La morte di Morosini è un monito: il calcio spreme i suoi protagonisti

La morte di Piermario Morosini difficilmente può essere collegata ad una leggerezza o negligenza nei controlli, celeberrimi in Italia per essere molto rigidi ed accurati. In ogni caso se si tratta di fatalità o meno non spetta a noi stabilirlo. La riflessione che si vuole portare alla ribalta riguarda un aspetto che comunque pare non essere centrale nel dramma di Pescara. Ma è lecito, in senso generale, che sorga qualche dubbio

I calciatori di oggi, oltre ad essere sottoposti a pressioni incredibili, vengono letteralmente spremuti dal punto di vista fisico. Un giocatore normale oggi gioca, ogni stagione sportiva, almeno una quarantina di partite. Ce ne sono tanti che addirittura superano le 50 presenze.

Antonio Di Natale ha dichiarato: “Ho 34 anni e l’anno scorso ho pensato di ritirarmi perché non si riesce più a riposare. La salute va salvaguardata.” Per dare un’idea, Messi fino ad oggi ha disputato 59 match, nazionale compresa; Cristiano Ronaldo è a 52. Questi numeri sono chiaramente destinati ad aumentare da qui alla fine della stagione, alla quale seguiranno gli Europei. Il portoghese potrebbe arrivare a giocare nel periodo agosto 2011-luglio 2012 circa 70 partite, ovvero un match ufficiale ogni 5 giorni per un anno intero. Impossibile sostenere questi ritmi.

La domanda sorge spontanea: come è possibile che il fisico regga a questa costante fatica? L’esasperazione nelle riabilitazioni e nelle preparazione non aiuta. Quante ricadute si sono verificate negli ultimi tempi causa accelerazione dei tempi di recupero? Troppe. I pareri di medici sportivi dall’illustre fama come Piero Volpi, o dei diretti interessati come Antonio Di Natale, ci vengono incontro: impossibile giocare 50 gare all’anno, non ci sono i fisicamente i presupposti.

Recentemente l’indimenticato Gabriel Batistuta ha raccontato il proprio incubo personale: il rischio di non poter più camminare. L’argentino durante la carriera ha saltato pochissime partite perché voleva essere sempre sul terreno di gioco. Le troppe infiltrazioni ritiene possano essere state una delle cause del suo problema che per altro non gli consentirà di correre mai più. Ed il Re Leone ha da poco superato le 40 primavere.

La sensazione è che il ragionamento portato avanti dal sistema – società più istituzioni del pallone – è che se un giocatore serve, qualsiasi metodo è lecito per rimetterlo in piedi. D’altronde alle sue prestazioni sportive non si può rinunciare: una qualificazione ad una fase successiva di una coppa od un piazzamento in una determinata posizione può valere milioni di euro. Ma la salute degli atleti non deve avere alcun prezzo.

E’ questo che deve cambiare nella logica del mondo del calcio. Si riformulino i calendari diminuendo il numero delle partite (campionati a 16-18 squadre), si eliminino assurde tournée in paesi sconosciuti durante la preparazione estiva o al termine della stagione, si ponga un limite alle amichevoli delle nazionali. Il pezzo da pagare sarebbe un netto calo dei ricavi e del giro d’affari, ma bisogna porre un freno alla situazione.

La salute di una persona viene prima di qualsiasi altra cosa. Perché di persone, e non di macchine, stiam parlando. E’ ora di cambiare, di dire basta.

Fonte: Goal.com

La Redazione

M.V.

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