“I sogni son desideri”, ma i desideri, da soli, creano soltanto illusioni. Il Napoli è fuori dalla Champions, ancor prima di entrarci. Il doppio confronto con l’Athletic Bilbao ha palesato fragorosamente tutti gli errori e le incoerenze con le quali il Napoli si è presentato al primo grande appuntamento della stagione.
Difetti che la buona prima ora di gioco ha, in parte, nascosto. Nonostante abbia lasciato troppo l’iniziativa all’Athletic, il Napoli è riuscito a passare in vantaggio e a gestire la reazione dei baschi. Almeno fino a quando gli “orrori” difensivi (una costante del Napoli dai tempi di Mazzarri) hanno riportato tutto all’amara realtà: il Napoli è una squadra incompleta e non pronta da un punto di vista mentale.
Il bilancio del mattino seguente ha il sapore amaro della disfatta. Non è solo l’eliminazione a bruciare ma l’idea che senza gl’introiti della Champions e in assenza di un progetto societario lungimirante possa essere rovinato il lavoro di anni. Anni in cui, è doveroso ricordarlo a quanti soffrono di memoria corta e umori ondivaghi, il Napoli è passato dalla C alla Champions, vincendo due coppe Italia e ben figurando nella competizione continentale più prestigiosa.
Un progetto è tale se ha ben chiari degli obiettivi e le modalità per raggiungerli. Se il progetto di De Laurentiis era quello di medio termine di ricostruire la società, rivalutandone valore del brand e parco giocatori e abbinando risultati sportivi a bilanci in positivo, allora c’è poco da discutere: De Laurentiis è riuscito nell’impresa (per niente scontata). Del resto, le doti di imprenditore del presidente del Napoli non sono in discussione.
Un progetto di medio termine però si conclude, di solito, con la cessione della società e incassando il rendimento dell’investimento fatto (lasciando a i nuovi proprietari la definizione di un nuovo progetto industriale; di breve, medio o lungo termine che sia).
È questo il progetto di De Laurentiis?
Al momento non ci sono elementi sufficienti per sostenere una tesi del genere ma diverse circostanze avanzano il dubbio. La reticenza della società nell’impegnarsi con decisione nella costruzione dello stadio, nell’acquisizione di un proprio centro sportivo e nelle strutture necessarie ad investire realmente nel settore giovanile; rischiano di dare la sensazione di avere un presidente sempre con la valigia pronta.
Fino ad ora la crescita della squadra e della società è sempre stata legata ad una figura forte che potesse accentrare le responsabilità e porsi in rapporto dialettico con De Laurentiis; è stato così con Marino, poi con Mazzarri ed in fine con Benitez.
Proprio la scelta dell’allenatore spagnolo, con il peso e la dote del suo invidiabile curriculum, però ha fatto pensare che il Napoli fosse pronto a dare un’accelerata al suo processo di crescita, provando a seguire l’esempio dei grandi club europei.
Nel primo anno della gestione Benitez si sono gettate le basi per questo cambio di mentalità e filosofia di gioco. Un mercato meno provinciale, un appeal internazionale veicolato dal carisma dell’allenatore spagnolo e dalle prospettive di crescita del club sono state le premesse per costruire un Napoli pronto a vincere finalmente qualcosa d’importante.
Bastava imparare dagli errori passati, ed invece si è fatto peggio che negli anni precedenti.
MERCATO – Se nella scorsa stagione la campagna acquisti del Napoli è apparsa come una torta ricca a cui mancava la cosiddetta ciliegina; quest’anno si è fatto anche peggio. In assenza di introiti cospicui derivanti da cessioni importanti (Hamsik e Zuniga? Nda), e scottati dal rifiuto di Gonalons, si è rimasti in attesa del preliminare di Champions per rinforzare una rosa incompleta e disomogenea.
Koulibaly e Michu sono acquisti da considerare di contorno; dov’è la portata principale? Qual è la torta per cui dovranno pagare i tifosi azzurri alla dissestata tavola del San Paolo?
Giocare un preliminare con Gargano, Maggio e Britos rende bene l’idea dell’azzardo. Un bluff a cui gli avversari non hanno abboccato.
GESTIONE DEGLI ESUBERI – Il Napoli fa il mercato guardando sempre al bilancio. Una scelta forse non sempre condivisibile ma di certo oculata. A patto che si gestiscano meglio i tempi.
Il mancato impiego di Zuniga e Inler nella doppia sfida di Champions è un segnale della volontà di cedere due calciatori che, al momento, sono valori aggiunti in una rosa di per sé incompleta. Al 29 agosto però non si notizia di alcuna trattativa (le voci di un interessamento del Bayern di Monaco per lo svizzero sembrano smentite dall’acquisto di Xavi Alonso da parte dei bavaresi, nda). Il rischio di portare avanti una stagione con due separati in casa è più che una suggestione.
Caso diverso per Pandev e Dzemaili. Esclusi dalla lista Champions, i due sembrano essere in viaggio verso Milano; classici colpi del mercato low cost dell’alchimista Galliani. In ogni caso, cessioni più che probabili.
PROSPETTIVE – L’acquisto di Jonathan de Guzman e quello probabile di David Lopez danno la diversa dimensione delle ambizioni azzurre per questa stagione.
Si chiuderà una sessione di mercato di seconda fascia con la speranza che Benitez riesca a gestire al meglio la rosa a disposizione, anche forte dell’esperienza della stagione appena trascorsa, con la possibilità – in caso di un buona posizione in classifica – d’intervenire in maniera più decisa nella sessione invernale. Provando, una volta ancora, a riparare in extremis ai ritardi e agli errori estivi.
E NEL FRATTEMPO? – In mezzo ci sono un intero girone d’andata, la coppa Italia e l’estenuante impegno di Europa League da giocare. Gestire i possibili dissapori dei calciatori più rappresentativi, portati a Napoli convinti anche dai progetti illustrati da De Laurentiis e controfirmati dalla presenza di Benitez, non sarà semplice.
Lo stesso allenatore, in scadenza di contratto, potrebbe trovare nelle promesse disattese una ragione per guardarsi attorno. Sicuri che il rispetto dei vincoli di bilancio vale un rischio così grande?
De Laurentiis è un imprenditore, e come tale gestisce la sua azienda. È un suo diritto. Fare l’imprenditore, però, equivale a rischiare; nessun uomo d’affari di successo ha costruito la sua fama sull’attendismo e la mancanza di coraggio.
Come imprenditore cinematografico De Laurentiis porta sul grande schermo i sogni della gente comune. Come presidente del Napoli è chiamato a chiarire se ha ancora la voglia e l’entusiasmo di costruire il sogno dei tifosi napoletani. Un sogno che ha bisogno di solide basi, di idee e progetti duraturi. Di coraggio.
Di sogni si vive, d’illusioni si muore.
Pompilio Salerno
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Ok Notizie (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pocket (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Altro