Sette anni e mezzo non si cancellano in due settimane. Non è umanamente possibile. E allora è tutto normale: normale che Paolo Cannavaro si sciolga in lacrime durante il riscaldamento quando dalla curva esultano a vederlo in campo, si emozioni alla vista dello striscione «Sei il nostro capitano», faccia una smorfia quando il medico De Nicola lo tira per un braccio per salutarlo. E che non riesca quasi a trattenere il fiato quando, uno affianco all’altro, vede sfilare i suoi ex compagni di una vita. Quelli con cui, due lunedì fa, ha festeggiato la partenza per Sassuolo. Per Paolino non è una domenica normale: non lo è neppure alla fine quando trova ad attenderlo all’uscita un gruppetto di tifosi che gli offre un mazzo di fiori e gli urla: «Dovevi restare perché tu sei un pezzo di cuore del nostro Napoli». Ma Cannavaro è andato via. Ed è contento così. «Ehi, sono emozionato come un bimbo…», risponde a chi lo ferma per fare una foto con lui. Ieri non era capitano del Sassuolo: ha giocato all’esordio con la fascia che adesso è di nuovo al braccio di Longhi. Prima e dopo è stato un lungo scambio di sorrisi con Hamsik e Mertens, Maggio e Insigne. A Lorenzo ha regalato la sua maglia. «Dobbiamo stringere i denti e lottare, non è certo contro il Napoli che dovevamo conquistare i punti per restare in A», ha confidato a uno dei tanti amici che ieri all’uscita del Mapei Stadium. «È stata una domenica strana, ma lo sapevo fin da quando ho lasciato il Napoli».
Fonte: Il Mattino
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