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Serie A, la proposta dei play-off non funziona. De Laurentiis pensi al futuro

Il presidente del Napoli ha proposto il cambio format della Serie A

Stanno facendo discutere le parole di Aurelio De Laurentiis sul possibile cambio formato della Serie A. Il presidente del Napoli sta pensando di proporre una riforma del campionato, istituendo due gironi (A e B) e decretare il vincitore tramite i play-off. Anche Gabriele Gravina, presidente della FIGC, è d’accordo con questa soluzione. Un cambiamento epocale, soprattutto perché storicamente il calcio è sempre stato uno sport in cui a decidere il vincitore è sempre stato un lungo ed estenuante percorso di circa trenta partite, andata e ritorno. Diventerebbe una Serie A modello MLS, per intenderci.

In MLS i play-off funzionano

Tuttavia, negli Stati Uniti d’America il modello play-off funziona e ha sempre funzionato in ogni disciplina sportiva. E’ una questione di cultura, la concezione nordamericana del calcio è uguale a quella del basket e di tutti gli altri sport: per decretare il vincitore vanno disputati i play-off e non esistono retrocessioni. Per essere ammessi alla MLS il club deve rispettare una serie di criteri: investimenti, strutture, solidità del club. Il modello americano è in crescita, ma la Serie A non è la Major League Soccer, non è l’NBA, non è l’NFL. Cambiare il format del campionato italiano, istituendo i play-off, sarebbe, per dirla alla Fantozzi, una cagata pazzesca.

MLS
Lo spettacolo di una finale play-off in MLS: Seattle-Toronto

Il calcio italiano e i suoi problemi di competitività

I problemi del calcio italiano non si risolvono con i playoff e questi ultimi non sono nemmeno il primo passo per risolverli. La Serie A è sempre più simile alla Bundesliga o alla Ligue 1, dove una squadra è troppo più forte e ricca delle altre. Ma è più forte e ricca delle altre perché, al netto di ipotetici orrori arbitrali, gode di un potere economico-finanziario superiore alle altre, ha investito e ora si trova nell’élite del calcio mondiale anche se l’azzardo Cristiano Ronaldo ha messo il bilancio in apprensione. Attenzione, però. La parola “investire” non è riferita solo al mercato. La Juventus ha uno stadio di proprietà, ha un centro sportivo di alto livello, ha una squadra B. Ha quasi tutto ciò che tutte le altre società non hanno. Orsù dunque, come si può battere uno che è più forte di te? Semplicemente, proponendo idee che curino i propri interessi e quelli del movimento.

A De Laurentiis non interessa il futuro

E allora, De Laurentiis prima di proporre una grottesca proposta sul livellare il calcio italiano, attraverso una formula stile “Coppa Italia dagli ottavi in poi“, dovrebbe prima pensare al futuro. Il Napoli è un club solido grazie alle plusvalenze degli ultimi anni e agli exploit dei vari allenatori -tranne Ancelotti– che si sono succeduti sulla panchina azzurra, che hanno portato grandi risultati. Ma non ha interesse nel guardare al futuro. Ciò che dà valore al club partenopeo è solo un parco giocatori di alto livello, che comunque non è il migliore in giro. Non ci sono investimenti per il settore giovanile, non c’è un centro sportivo di proprietà. Quando il Napoli è stato in lotta per lo scudetto, precisamente campione d’inverno nelle stagioni 2015/16 e 2017/18, il club ha deciso di puntare prima su Grassi e Regini, poi su Milic e Machach non riuscendo ad avere la forza di portare a casa un esterno offensivo con il rifiuto di Verdi e il no del Sassuolo per Politano. La Juventus vince perché ha potere e investe, non perché nel campionato non si disputano i play-off.

De Laurentiis
Youth League, Salisburgo-Napoli 7-2. De Laurentiis presente sugli spalti a osservare la Primavera

Cosa si potrebbe fare

Non c’è interesse nel migliorarsi, non c’è uno sguardo verso il futuro. Ma questa è una cosa che ha rappresentato quasi tutti i club italiani negli ultimi anni. E la soluzione non è cambiare il format del prossima Serie A. C’è bisogno di unità di intenti, prima di prendere una decisione. Sarebbe ottima una distribuzione più equa dei diritti tv, come accade in Inghilterra. Ma i grandi club accetterebbero di incassare di meno? Servirebbero stadi di proprietà. Una riforma in Serie C per evitare fallimenti e mancate iscrizioni, con una terza serie da massimo venti squadre libere dallo status del professionismo. Servirebbe che l’AIA si dimostri più “aperta mentalmente” per evitare una cultura del sospetto che il VAR non ha sconfitto, magari che Nicchi si dimetta dal suo ruolo di Imperatore Arbitrale. Servirebbe anche una riforma della Coppa Italia. Servirebbero tante cose, ma sai che fatica. Meglio risolverla con i play-off.

Nico Bastone

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