Calcio italiano, allarme rosso: il deficit vola a 365 milioni(erano 220 nel 2013/2014). La Gazzetta dello Sport fa i conti in tasca ai club della Serie A: ben 12 club su 19 (Parma escluso) con il bilancio in rosso nella stagione 2014/2015. Il fatturato è pressoché stabile, leggermente aumentato (1,84 miliardi, 40 milioni in più del 2013/2014) e strettamente legato ai diritti tv che pesano per il 60%. Aumentano i costi per un centinaio di milioni (a 2,4 miliardi, la metà per stipendi) e diminuiscono le plusvalenze per un altro centinaio di milioni. Aggiungeteci gli effetti negativi dello stop alle comproprietà e il quadro è completo.
TROPPI DEBITI – Escludendo il Parma – che di debiti è morto – l’indebitamento al netto dei crediti della Serie A è cresciuto nella scorsa stagione di altri cento milioni da 1,6 a 1,7 miliardi di euro. In media le esposizioni verso le banche (1,1 miliardi in totale) sono aumentate dell’11% e quelle nei confronti dei fornitori (400 milioni) del 6%. Il guaio è che i debiti virtuosi, a favore di investimenti a medio-lungo termine, sono un’eccezione: l’Udinese ha fatto seguito alla Juventus accendendo un mutuo con Credito Sportivo e Mediocredito (15 milioni a bilancio nel 2014-15) per il rifacimento del Friuli.Qualcuna va in controcorrente, come la Juventus, in grado di realizzare il turnaround con la frequentazione stabile in Champions, e il Torino, pronto a festeggiare il terzo utile di fila. I bilanci dei club del massimo torneo non sono passati inosservati dalle parti di via Allegri.
INTER, MILAN E ROMA AHI – La ristrutturazione del debito di Inter e Roma, sulla scia di quanto fecero i Glazer col Manchester United, non può lasciare tranquilli i tifosi: i beni nerazzurri e giallorossi sono in pegno agli istituti di credito. Negli ultimi tempi, diverse società come Genoa e Chievo hanno rateizzato le pendenze con il Fisco e altre potrebbero seguirle. Il mecenatismo è resistito in provincia con gli investimenti da big di Saputo (Bologna) e Squinzi (Sassuolo). Nella fascia alta, quell’antico ruolo lo recita solo Silvio Berlusconi ma l’assenza dalla Champions lo ha costretto soprattutto a coprire i disavanzi: nel 2015 Fininvest ha immesso nelle casse del Milan la bellezza di 150 milioni in virtù di un deficit che al 31 dicembre 2014 è stato di 91 milioni, addirittura di 125 se considerassimo la stagione sportiva 2014-15. Tra le grandi, la società rossonera è una di quelle con i conti sballati. Con una differenza, in termini di continuità aziendale: Berlusconi è un mecenate vecchio stampo, Thohir (-140 la perdita dell’Inter nel 2014-15) e Pallotta (-41 quella della Roma) no. Tant’è che il patron giallorosso ha fatto scrivere nell’ultima semestrale che se «il Gruppo non fosse in grado di reperire le necessarie risorse finanziarie, al fine di far fronte al proprio fabbisogno, dovrà fare affidamento, senza pregiudizio per la prosecuzione dell’attività sociale, sul realizzo dei suoi asset aziendali, e in particolare sui valori dei diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori». Plusvalenze per respirare.
PAURA A GENOVA – In Serie A, 12 società su 19 hanno chiuso l’ultimo bilancio in rosso: sotto osservazione, tra le altre, il Genoa e la Samp del post-Garrone. La Federazione è preoccupata per i forti squilibri, anche alla luce dell’entrata in vigore del fair play nazionale che nel 2018-19 imporrà il pareggio di bilancio. Sono già operativi alcuni parametri, concepiti nell’intenzione di evitare nuovi casi Parma. Su tutti l’indicatore di liquidità, che misura la capacità di un club di far fronte agli impegni finanziari nell’arco di 12 mesi. Alcune società rischiano di non starci dentro nella prossima stagione, a meno di ricapitalizzazioni o cessioni di giocatori: pena il blocco sul mercato e, dal 2017, il diniego dell’iscrizione al campionato. C’è tempo per recuperare, i diritti tv a +20% nel ciclo 2015-18 potrebbero dare una mano, ma il malato resta grave.
Fonte: Calciomercato.com
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