Spending review anche nel calcio. Non nei conti – di soldi ne girano pochi, nell’ultimo mercato l’Italia è stata dietro agli altri grandi campionati europei, soprattutto Inghilterra e Spagna – quanto nel numero delle squadre. Il Consiglio federale di domani, nato dall’esigenza di ufficializzare il passaggio di consegne fra Antonello Valentini e Michele Uva nel ruolo di direttore generale, potrebbe trasformarsi nella prima pietra verso una revisione totale dei nostri campionati. Tenendo presente che l’esigenza – come per i conti – è quella di ridurre, contrarre. E allora, la formula sulla carta è semplice: serie A a 18 squadre, serie B a 20, Lega Pro (che però ha già tirato la cinghia negli ultimi tre campionati, asciugandosi notevolmente) che si arriva a teorizzare addirittura con due gironi da 20, Dilettanti che, di pari passo alla contrazione, dovrebbero veder ridurre sicuramente il numero delle promozioni. Detta così, sembra facile. Basta però metterci le mani un attimo per capire, pur con la buona volontà di tutti (e non tutte le componenti sono pronte ad accogliere la “dieta” col sorriso sulle labbra, pensate solo alla contrazione dei posti di lavoro) facile non lo è affatto, anche se ormai la svolta rappresenta una necessità. Bisognerà, poi, mettere mano anche alle regole, come quella dei ripescaggi ad esempio (più peso al merito sportivo, differenza fra le responsabilità per le preclusioni da illecito, un premio per le società virtuose o che danno più giocatori alle Nazionali), che ogni estate vive momenti tribolati, con ricorsi e contro ricorsi. Insomma, il lavoro che attende la neonata Federcalcio è immenso. E non può ricadere su pochi….
Riforma. Bisognerà trovare, prima di tutto, un largo consenso. Anche da un punto di vista procedurale (già nelle Assemblee delle varie Leghe serviranno i 3/4 dei sì). Il rischio più grande è che, man mano che si scende di categoria, quella più bassa debba pagare il dazio più alto rispetto alla consorella del piano di sopra. Dicevamo, non è facile. Proviamo a fare un esempio. Tenendo presente che, secondo le norme attuali (articolo 50 delle famose Noif, Norme organizzative interne della federcalcio…. forse cambiarlo , il nome, potrebbe non essere così difficile) per modificare i format dei campionati (operazione necessaria) c’è bisogno di una stagione “cuscinetto” (dunque, se pure tutti trovassero la quadratura del cerchio in tempi rapidi, la riforma vedrebbe la luce solo nella stagione 2016-17). Questo significa, sempre teoricamente, che dalla prossima le varie Leghe dovrebbero cominciare ad operare i tagli. Come? La A per arrivare a 18 fa presto: impone il differenziale promozioni-retrocessioni a +2 (una promossa contro tre retrocesse, due promosse contro quattro retrocesse e così via).
Caso. Per la serie B sarebbe già più complicato: riceverebbe nel migliore dei casi tre squadre contro una sola promossa, quindi dovrebbe andare a scavare nelle retrocessioni, che a quel punto dovrebbero però essere quattro (per scendere a 20) senza però ricevere nessuna squadra dalla Lega Pro. Impossibile. Dovrebbe come minimo “accoglierne” due (almeno due squadre dalla Lega Pro, che altrimenti giocherebbe un non-torneo), quindi dovrebbe retrocederne sei. Che ricadrebbero sulla ex terza serie. La quale, va ricordato, ha già operato un corposo maquillage alla propria struttura, passando in tre anni (e qualcosa) da 90 a sessanta squadre. Ora, dovrebbe ridurre ancora, si ipotizzano due gironi da 20 squadre. Ma che succederebbe a regime? Pur con una diminuzione delle squadre retrocesse (dai Dilettanti ne salirebbero sei e non più nove), avrebbe sei retrocessioni su 40 squadre, che è una bella rivoluzione rispetto alle 9 su 90 (un decimo). Poca stabilità potrebbe anche incidere sulla voce-sponsor, disorientati da tanti cambiamenti ogni anno.
Fonte: Corriere dello Sport
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