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Senza Cavani e Pandev il Napoli giocherà in maniera diversa, meno cross e più corsa

Ci vorrebbe il tiki-taka: ma senza scomodare il barcelonismo, basterà cambiare, pur rimanendo se stessi, sapendo ch’è inutile buttarla nel mezzo, per cercare deviazioni aeree complicate, perché nel Napoli lillipuziano, almeno stavolta, in quell’isola vietata ai giganti del gol, si procederà diversamente. Ci vorranno la capacità di palleggio, l’inserimento centrale di Hamsik o di Dzemaili e comunque la ricerca della profondità attraverso un uomo che, nel suo piccolo, ha sempre saputo come cavarsela, con Zeman e con i suoi tagli: diciannove reti al Foggia in Prima Divisione, poi diciotto in B con il Pescara, ed ora, pur con il part-time imposto dalle gerarchie, ne ha fatte tre: con il Parma, andando a dialogare nello stretto con Pandev; a Marassi, contro il Genoa, in un contropiede vecchio stampo; con il Milan, lasciandosi armare da Maggio che gliel’ha messa sul destro e poi, ragazzo, fai tu. E Insigne ha provveduto.

LA PRIMA VOLTA – Mai capitato prima d’ora, perché senza Cavani e il suo atletismo, la sua capacità d’essere uomo ovunque, la prima punta è stata Pandev, che sa stare spalle alla porta, copre e aiuta la squadra a salire, gioca di sponde, introduce all’attacco frontale dei centrocampisti o di Insigne, va a far male nei sedici metri. Il Milan, volendo, ha Pazzini: e però conta su El Shaarawy, infila Bojan (una punta esterna) tra le linee oppure centrale, allarga Botaeng e lo traveste da finto centravanti; la Juventus ha il talento di Vucinic da affiancare alle forme contenute di Giovinco o alla prepotenza di Quagliarella o alla elasticità di Matri; l’Inter si appoggia su Milito, per consuetudine; la Roma sfonda con Osvaldo e variazioni con pochi eguali; la Lazio fa i conti con Klose; e solo la Fiorentina, in presenza di Ljajic e Jovetic, sceglie la manovra avvolgente, fondata sul movimento senza palla degli interpreti e una capacità di possesso evidentemente allenata.
LA CONVERSIONE – I numeri, a modo loro, aiutano a decodificare: 3-5-1-1, per intendersi, con Insigne vertice alto – ma non altissimo – d’un Napoi da tenere raccolto, con linee mai eccessivamente distanti; Hamsik pendolo sulla trequarti, per sfruttarne gli inserimenti – personalismi che sfuggono alla lettura del copione difensivo altrui – e poi diga con incursori, Dzemaili più di Inler e Behrami, in modo da poter sfruttare la seconda palla invitante; ma per allargare e stringere il campo, spetterà a Maggio e a Zuniga dare i tempi giusti, sostenendo le due fasi.
MINI BOMBER – Insigne sa come si fa: nel primo Foggia, aveva Sau da una parte e Farias all’altra; a Pescara, il «corazziere» era Immobile e Sansovino rientrava (fisicamente) tra gli essere umani. Mazzarri il modulo ce l’aveva in testa, poi l’aveva riposto nel cassetto: ma studiava già nel finale dell’anno scorso, sapendo di non avere più Lavezzi ed i suoi strappi, le sue intuizioni geniali, per rimodellare il Napoli. 3-5-1-1: certo, uno (quello davanti) veniva individuato in Cavani. Però senza ricercare il tiki-taka, pure la musica napoletana può incantare. Piccoli cantori crescono.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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