Il bello (Guardiola), il buono (Ancelotti), il brutto (Simeone), il cattivo (Mourinho): non è solo citando Sergio Leone che la Champions parla italiano. No, nessuna squadra in semifinale per il quarto anno consecutivo. Ma allenatori che, in campo o in panchina, sono passati e si sono formati in Italia e, con forti della loro italica esperienza, hanno dato il loro inconfondibile timbro a Bayern, Real, Atletico e Chelsea.
Tre hanno già vinto e tanto, uno (Simeone) sta studiando come vincere, tanto diversi tra loro ma con qualcosa in comune: un passato in Italia. Carlo Ancelotti, emiliano doc, è stato campione d’Europa con il Milan da giocatore e allenatore. Con altre squadre ci è andato solamente vicino (Roma da calciatore e Juventus da tecnico), poi ci ha timidamente provato dalla panchina con Chelsea e Psg. In questa stagione il riscatto al Real Madrid, grazie soprattutto alle fantastiche prestazioni di Cristiano Ronaldo (capocannoniere della competizione con 14 gol, eguagliato il record di Messi ancora prima della fine del torneo). Da tecnico sei semifinali, per Ancelotti, con due successi e tutte le premesse per centrare uno storico tris.
Di semifinali si intende anche lo Special One, otto messe in cassaforte tra Porto, Chelsea, Inter e Real: zittiti i critici che non vedevano il suo Chelsea tra i “fab four” quest’anno. Mourinho ha lasciato un’impronta sul calcio italiano e una marea di tifosi interisti che lo amano alla follia. Polemico, accentratore, caustico, provocatore, ma anche grande motivatore, il tecnico portoghese viene considerato l’antitesi e il grande nemico di Guardiola. I loro duetti nei memorabili Real-Barca sono rimasti storici, anche per la loro idea del calcio, esattamente agli antipodi: fantasioso e spumeggiante l’uno, solido e coriaceo l’altro.
Il tecnico catalano guida il suo Bayern come fosse una corazzata, unendo la tecnica sopraffina (Robben, Ribery) ai muscoli e alla sostanza (Schweinsteiger). Guardiola in Italia ci è venuto da giocatore a fine carriera. Due anni al Brescia, poi la Roma, una squalifica per doping (con successiva assoluzione), l’amicizia con Roby Baggio e l’affetto dei tifosi bresciani. Il modo con cui giocano le sue squadre è ammirato in tutta la Penisola, con il tiqui taka e falso nueve. Pep detiene un record: quando allena, arriva sempre almeno in semifinale di Champions. È stato così per quattro anni al Barcellona, con cui ha alzato due volte la coppa (2008-09 e 2010-11). Ora è al Bayern, ancora in semifinale.
In questo parterre de roi (16 scudetti e 6 Champions per Mou, Guardiola e Ancelotti), la vera sorpresa è Diego Pablo Simeone. Ha fatto fuori prima il Milan e poi il Barcellona. In Italia ha giocato col Pisa, l’Inter, la Lazio e passando dal campo alla panchina ha trasmesso le sue doti principali: grinta, determinazione, aggressività, soprattutto la personalità del leader. È riuscito a trasmettere la fame di vittoria ai suoi semisconosciuti giocatori, facendoli diventare delle star (l’anno scorso Falcao, quest’anno Diego Costa). Poche squadre in Europa hanno il Dna del proprio allenatore come i “colchoneros”, plasmati a immagine del “cholo”, classe 1970, da quest’anno tra i grandi tecnici europei, al pari dei Mourinho, Ancelotti e Guardiola a cui contenderà il trofeo più ambito.
Fonte: Il Mattino.
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