“E’ la dura legge del gol” canterebbe Max Pezzali, ma vaglielo a spiegare ai napoletani che, pur senza ammetterlo mai, sognavano di far vestire a Inler, ospite del San Paolo nel posticipo della 33.a giornata, una maglia scudettata per la stagione 2011-2012. Perché “La dura legge del Go…khan” è quello che rimane a chi, con grande sportività, ha preso atto del suicidio della propria squadra, distante sei punti (più scontri diretti a sfavore) dalla capolista Milan.
Archiviato l’esito di Napoli-Udinese, “Inler non ha esultato” è il tormentone del day after della disfatta (o eroica impresa, dipende dai punti di vista) del San Paolo. Ci si avvicina all’apertura del calciomercato e le voci di un Inler sempre più vestito di azzurro cozzano con quel gol che ha infranto i sogni di chi, domenica dopo domenica, sentiva crescere il richiamo di “quella cosa là”, come il canto di una sirena.
“Vietato perdere tre partite in casa”. La cruda analisi di Mario Sconcerti nell’immediato postpartita non vuole essere un rimprovero all’ottimo Mazzarri, che incassa senza ribattere davanti ai “numeri del direttore”, ma c’è un ulteriore numero che potrebbe inquietare napoletani e non. E’ l’11, o il 56, a seconda di come lo si legge. Il minuto in cui Gokhan Inler ha battuto De Sanctis, l’undicesimo della ripresa (o il 56′ su 90′ di gioco), coincide con quello in cui lo svizzero decise il quarto di finale di Coppa Italia del gennaio 2010 a San Siro, contro il Milan. Anche in quella occasione Gokhan non esultò. Nessuno sospettò che si fosse promesso ai rossoneri, cosa peraltro smentita anche per quanto riguarda il Napoli, soprattutto dopo lo scetticismo espresso dal presidente De Laurentiis in merito all’età del giocatore, rapportata al costo.
Ma in un calcio in cui la gara per chi studia l’esultanza più fantasiosa è spietata, il caso di Inler che si tiene tutto dentro non è isolato. La pratica è seguitissima dagli ex, rimasti affezionati a un pubblico che li ha amati o semplicemente in imbarazzo nell’esternare la loro gioia con una maglia diversa da quella indossata per anni. Ma l’interpretazione più gettonata per la non-esultanza dello svizzero ha dei precedenti, vale a dire reti messe a segno davanti a quella che sarebbe stata la nuova tifoseria: si tratta di Marco Materazzi, che con la maglia del Perugia punì l’Inter che lo avrebbe ospitato nella stagione successiva (nel 2001 si accordò coi nerazzurri a stagione in corso) o, più recentemente, di Ilicic, prelevato dal Palermo tra la gara di andata e quella di ritorno dei preliminari di Europa League contro il Maribor. Nella seconda lo sloveno andò a segno, ma non fece festa.
Non si contano, come detto, le mancate esultanze dei classici “gol dell’ex”, ultima quella di Denis ieri sera al San Paolo, fresca anche quella (doppia) di Matri contro il Cagliari, squadra che lo ha consacrato come bomber degno di convocazione in Nazionale. Ma l’arte della non-esultanza può riservare sorprese che non ti aspetti, come il bacio della maglia di Sheva al debutto con il Chelsea dopo anni di Milan o il sorriso a trentadue denti di Ronaldo nel derby contro l’Inter, da capo di tutti gli ex.
Fonte: Sky.it
La Redazione
S.D.
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