I nomi delle famiglienelle carte dell’inchiesta sul calcioscommesse e Giuseppe Sculli, uomo simbolo del Genoa, è al confine tra i due mondi. Perché il nonno è Peppe Tiradritto, boss del clan Morabito: quando era latitante gli investigatori giravano gli stadi di mezza Italia nella speranza che andasse a vedere giocare il nipote. Ma anche perché, come si legge nell’ordinanza, l’attaccante rossoblu avrebbe intrapreso rapporti con «personaggi inqualificabili della criminalità organizzata, quali l’albanese Altic attualmente detenuto per fatti concernenti la droga».
Al ristorante con l’albanese. A fare il nome di Sculli è Hristiyan Ilievski, uno dei capi degli Zingari che riferisce di un suo presunto coinvolgimento in Lazio-Genoa del 14 maggio 2011. Quattro giorni prima del match, il 10, Sculli avrebbe preso parte a un vertice in un ristorante genovese, l’Osteria del coccio, insieme all’allora suo compagno di squadra Domenico Criscito. L’incontro avviene nel pomeriggio, quando il locale è chiuso, e vi prendono parte il pregiudicato bosniaco Safet Altic – uomo definito molto vicino a Sculli – i titolari del ristorante Luca e Stefano Pollicino, il capo ultrà del Genoa Massimo Leopizzi e Fabrizio Fileni, altro ultrà genoano, oltre all’albanese Kujtim Qoshi. «Il summit – scrive il gip Guido Salvini – è stato oggetto di un servizio di osservazione documentato». Ci sono cioè le foto dei partecipanti davanti all’osteria. Il gip mette in evidenza i rapporti tra l’attaccante e «la parte più estrema degli ultrà del Genoa, quali Leopizzi, già coinvolto in fatti concernenti l’alterazione dei risultati di partite di calcio». Il 22 aprile Leopizzi era sugli spalti negli incidenti a Marassi di Genoa-Siena. Il match fu sospeso nel primo tempo, quando il Genoa perdeva quattro a zero ed è stato ripreso solo grazie all’intervento di Sculli, che ha fatto da intermediario tra i giocatori e gli ultrà. Leopizzi stava in prima fila.
L’orologio. Pochi giorni dopo Lazio-Genoa, Sculli sarebbe entrato in possesso «di una consistente somma di denaro, a Milano, che viene fortemente richiesta e sollecitata da Altic e i suoi sodali». Si parla di 50mila euro. Il 16 maggio l’attaccante vi fa riferimento in una telefonata con Altic, nella quale temendo di essere intercettato parla di orologi anziché contanti.
Sculli: «Sono qui a Milano»
Altic: «Vieni giù?»
Sculli: «No…sono a piedi…sono senza macchina».
Altic insiste.
Sculli: «Va bene ne parliamo…vieni ne parliamo… che vuoi che ti dica più di così…vieni, ti devo dare anche l’orologio…ti sto dicendo…ti devo dare anche l’orologio e non ho la macchina, come vengo?».
Gli inquirenti giudicano «di valore investigativo» anche la telefonata tra Fioramante Caruso e Altic del 16 maggio. Altic (riferendosi a Sculli): «Aspetto che mi chiami lui…voleva che andassi a Milano…ma io a Milano non ci vado»
Caruso: «Ma chi? Andiamo a prenderli fratello, guadagniamo soldi ma ti giuro di brutto, fratello!»
Altic: «Io a Milano non vado».
Caruso: «Ma vado io…ma ce li ha lui? (Sculli, ndr). Che vado a prenderli io…».
Altic: «Non lo so».
Caruso: «Fratello, io devo saperlo se no domani vado li e vaff… gli dò metà di quello che guadagno e amen non me ne frega un… hai capito? Tutti bravi ragazzi e non riusciamo a trovare 50 mila euro?».
Altic: «Adesso mando un messaggio che arriva (Kaladze, ndr) domani alle 3.45 a Milano».
Peraltro, annotano gli investigatori, la sera del 16 Sculli è a Milano in coincidenza di un appuntamento «avvenuto per la spartizione delle vincite conseguenti alla partita Lazio-Genoa». Presente quel giorno nel capoluogo lombardo, tra gli altri, anche Milanetto.
Passato ingombrante. Segnala il gip nell’ordinanza che Sculli risulta essere già stato implicato, e squalificato per otto mesi, in vicende relative all’alterazione di eventi sportivi, «precisamente nella partita Crotone-Messina del campionato di serie B, 2001-2002». Il coinvolgimento nell’illecito sportivo, scrive il giudice per le indagini preliminari, emergeva nel contesto di una più ampia inchiesta penale diretta in quegli anni dalla Dda di Reggio Calabria, su ambiti ‘ndranghetistici locali contigui alla figura del boss Giuseppe Morabito, nonno del calciatore. Le indagini puntavano alla cattura di Peppe Tiradritto, che poi si concretizzerà.
Amicizie pericolose. Alle quattro del pomeriggio del 12 maggio viene registrata una conversazione telefonica tra Altic, uomo di fiducia di Sculli, e Guido Morso, tifoso ultrà del Genoa appartenente alla famiglia Morso, collegata alla cosca mafiosa Emanuello di Gela.
Altic: «Ma hai visto tuo cugino per quegli assegni?»
Morso: «Sì. Dovevi passare tu ieri sera e non sei passato».
Altic: «Ho capito però eh…ora ci sono».
Morso: «Sì?».
Altic: «A posto?».
Morso: «Sì».
Si evince dalle operazioni tecniche, per gli investigatori, che il denaro raccolto avrebbe dovuto essere recapitato a Roma, attraverso Altic, il quale dopo il previsto incontro a Milano con Kaladze sarebbe partito per Roma dove lo attendeva Sculli. Gli inquirenti riservano un capitolo a Safet Altic, ora in carcere per traffico internazionale di stupefacenti. Tutto questo, per il gip, «fornisce significativi elementi per affermare che Sculli, in Lazio-Genoa del maggio 2011, abbia svolto un ruolo di «raccoglitore» di una notevole somma di denaro per alimentare la combine. Come mai non sono scattate le manette? «C’è stata una richiesta di arresto che però non è stata accolta nonostante la presenza di indizi a suo carico», si limita a registrare il pm Roberto Di Martino.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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