Aiuto, salvate il calcio. Il grido d’allarme si leva da Catania a Torino, ma il nemico dov’è? Si nasconde sotto quello strato di polvere che avvolge il pallone: polvere di polemiche, di resistenze disperate a ogni forma di novità. Tutto cambia affinché nulla cambi, disse il Principe di Salina che di calcio se ne intendeva poco, ma sapeva benissimo come va la vita. Quarantacinque secondi per sbagliare sono un’infinità. Di fatto è stata autorizzata un’assemblea tra i sei arbitri presenti in campo per evitare il ricorso alla tecnologia, a strumenti che siano più obiettivi di un «mi sembra che» oppure «mi è parso di vedere». Abbiamo moltiplicato le opinioni, senza che mai arrivi una certezza. Il risultato s’è appena visto: il caos possibile. Il calcio dicono di volerlo cambiare tutti: da De Laurentiis, l’uomo nuovo che dopo otto anni ancora non capisce come ci si possa opporre alle novità, ad Agnelli il giovane, ai veterani Moratti e Galliani, a Lotito e agli americani della Roma. I conservatori sono quelli che fanno le regole. Il problema non è italiano, ma le reazioni altrove sono sempre diverse: in Inghilterra hanno avviato subito un’indagine per la direzione di gara assolutamente disgraziata di Chelsea-Manchester United. La differenza la fanno il dopo, i sospetti, perfino le repliche degli errori in altre partite.
Il campionato non resterà indifferente ai veleni, ne uscirà sicuramente condizionato, l’antidoto non può essere rappresentato da accuse violente e difese arrangiate, ma dallo spettacolo. Di quello c’è bisogno per riempire gli stadi, per recuperare l’entusiasmo perduto, per rivedere occhi felici e non più iniettati di sangue com’è capitato di vedere domenica, dall’ora di pranzo a notte fonda. C’è una squadra in testa, la Juventus, che in Italia è stata battuta solo dal Napoli, nella finale di coppa Italia.
Quella sera, all’Olimpico romano, somigliò tanto a un’ipotesi di staffetta rafforzata (al di là delle contingenze) anche a Pechino. E Juventus e Napoli sono ai primi due posti della classifica, segno di una continuità che ha perso per strada il Milan e sta recuperando l’Inter. La gerarchia è questa, a stabilire le posizioni finali saranno la forza della squadra, la concentrazione, o la capacità di non lasciarsi distrarre da altre storie. Arbitraggi compresi.
Al Napoli non manca nulla per annullare la distanza che oggi la divide dalla Juventus. Un attacco con Cavani e Pandev in Europa vorrebbero averlo in tanti; Insigne è un talento che Mazzarri sta curando come un gioiello da esibire nelle grande occasioni, quando la luce deve splendere fino ad abbagliare; il centrocampo delle guardie svizzere è una barriera a prova di sicurezza; la difesa solo fuori d’Italia sopporta crisi d’identità. Ma non ditelo a Mazzarri che vorrebbe viaggiare sempre nell’ombra, fino a piazzare il colpo decisivo e poi godersi l’effetto che fa essere trattato da trionfatore. Non ha bisogno di assemblee per decidere; anche se con grandissima sofferenza, lo fa benissimo da solo. Almeno lui, il calcio lo aiuta con i fatti.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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