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Scippi ai calciatori, parla il pentito: “E’ stato un complotto dei Mastiffs”

Ci sono rapine punitive e altre no, ci sono colpi e aggressioni che rientrano in una sorta di complotto vendicativo, ma anche scippi occasionali o azioni del tutto isolate. Tifo violento, crimine spicciolo, gli spietatissimi Mastiffs del rione Sanità, le pressioni di una parte della Curva A contro i calciatori del Napoli: sono da poco trascorse le due del pomeriggio, quando il pentito Salvatore Russomagno prova a fare chiarezza sulla storia dello scippo dell’orologio dal polso di Valon Behrami – siamo a dicembre del 2012 -, ma anche sulla escalation di episodi violenti subiti da altri calciatori (o dai loro parenti) nel giro di pochi mesi.
Nona sezione penale, parla l’ex capozona di via San Giovanni a Carbonara, per altro ex esponente di quel gruppo di hooligan (in passato alle prese con daspo e provvedimenti giudiziari) che si ritrovano sotto la bandiera dei Mastiffs.
C’è un dato processuale da evidenziare: il pentito sostiene che l’imputato detenuto Raffaele Guerriero non è stato il responsabile della rapina del Rolex a Behrami (a differenza di quanto ha spiegato il calciatore, che aveva invece riconosciuto in aula il suo presunto aggressore) e fa il nome di Salvatore Attanasio per indicare lo scippatore entrato in azione in zona Chiaia a dicembre del 2012.
Indagini in corso, l’attenzione del pm Frasca si sposta sull’ipotesi del complotto o comunque sulla escalation di colpi messi a segno contro i calciatori azzurri. «Posso confermare che alcune rapine nei danni di Lavezzi, Hamsik o Cavani sono state consumate dai Mastiffs con intento punitivo. Bisognava punire quei calciatori che avevano rifiutato di partecipare a inaugurazioni di club o altri eventi organizzati dai tifosi. Una punizione, un modo per vendicarsi quando quelli (i calciatori) rispondevano negativamente alle loro richieste».
Diversa invece la storia dello scippo subìto da Behrami, calciatore per altro recentemente vittima del furto della Smart presa in noleggio (un furto per il quale il giocatore ha confessato di essersi letteralmente «rotto», per un certo ambiente napoletano, ndr). In quell’occasione, ha spiegato il collaboratore di giustizia, si è mosso una sorta di scheggia impazzita. «Era imbottito di cocaina – ha insistito -, lo conosco personalmente, ha fatto di testa sua, qui non c’è stata una regìa dei Mastiffs». Già, ma perché allora l’orologio è stato riconsegnato al calciatore? Perché, dopo il clamore suscitato dall’ennesimo scippo subito da un azzurro, qualcuno si decide a gettare l’orologio nell’auto di Behrami? Sul punto, la testimonianza del collaboratore di giustizia si fa confusa. Da un lato c’era l’esigenza di allentare la morsa dei controlli delle forze dell’ordine, dall’altro sarebbero gli stessi Mastiffs di Forcella a gestire alcuni canali della ricettazione dei preziosi rubati. Difeso dai penalisti Leopoldo Perone e Antonio Rizzo, l’imputato incassa la testimonianza favorevole del collaboratore di giustizia, mentre è facile immaginare che ora le indagini puntino a fare terra bruciata attorno allo zoccolo duro del teppismo da stadio. È stato ancora Russomagno a spiegare come stanno le cose: «Sono spietatissimi, il loro capo è conosciuto come la ”carogna”, ha lui in mano il potere dei Mastiffs».

Fonte: Il Mattino.

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