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Scenari futuri: Mazzarri è la priorità ma si pensa a Maran

Altri nomi per la panchina sono: Pioli, Guidolin, Montella e Allegri

Il futuro è un’incognita: ma in quella foschia che restringe il cono visivo, s’avverte l’eco d’una serie di pubbliche ammissioni che servono per leggere nella palla di vetro. «Io con il tecnico ho un rapporto straordinario: ne parleremo a fine stagione, ovviamente, come abbiamo fatto in passato. Ma se lui è Mazzarri, noi siamo il Napoli» . Così parlo De Laurentiis, appena cinque giorni fa: e poi, a seguire, in quel ping-pong dialettico inevitabile, tra una spruzzatina di sano (e spigoloso) realismo, anche le carezze per lasciare aperte le porte e le finestre di Castelvolturno: «Per me, Mazzarri potrebbe restare a vita: non è un problema economico, essendo uno dei tecnici più pagati, Sarà lui a decidere» . Il Napoli, ai tempi di Mazzari, è due qualificazioni in Europa League, una in Champions, una coppa Italia vinta e un’annata dalla quale può emergere qualsiasi sorpresa: ma domani verranno altri giorni e, oltre quel «ni» attuale, quell’incertezza che regna sovrana, i pensieri si accavallano e disegnano quattro (o cinque) identikit. 

FATTORE M  Resta o parte? La domanda sorge sistematica e la risposta è per ora rinviata al 19 maggio: ma Walter Mazzarri è la prima scelta, la continutà per restare al Potere, tra le grandi d’un calcio nel quale il Napoli abita ormai stabilmente. Però, poi, esistono le contromisure da valutare, nel caso (mica improbabile) d’addio: Rolando Maran ha stupito per la semplicità con la quale s’è messo in gioco in serie A. Ha i risultati dalla sua, una accertata capacità a sfruttare il potenziale offensivo del suo Catania, dunque attitudini (eventualmente) da poter sposare con tre tenori. E’ un’ipotesi. 

LA BESTIA NERA – Stefano Pioli non le ha mandate a dire attraverso terzi, nell’ultimo biennio: con il Chievo, diede al Napoli «padellate» a più riprese e riuscì a battere Mazzarri in casa sua e poi al «Bentegodi»; e con il Bologna, l’anno scorso, prima è costato la qualificazione in Champions e poi, a dicembre, ha rovinato il Natale azzurro, con l’ennesimo blitz al san Paolo. L’incubo-Pioli s’è trasformato in elemento di curiosità ed ha guadagnato la pubblica stima di De Laurentiis, pure per quel profilo basso che rappresenta un modo di essere. Difendeva a quattro, in gioventù: ma poi pure lui s’è messo a tre, come Mazzarri. E può rappresentare un’opzione. 
L’ALTA SOCIETA’ – Un allenatore non è soltanto un modulo: e in quella figura cui eventualmente affidare (eventualmente) un’eredità pesante, vanno inserite anche elementi caratteriali rassicuranti. L’autorevolezza, ad esempio, non rappresenta un dettaglio: a De Laurentiis lo stile-Allegri ha lasciato un segno, consolidato poi dalla gestione della crisi di risultati e dalla capacità di modellare una squadra ricca di giovani. Ha un fascino freschissimo e però rilevante Vincenzo Montella, che sa rimodellarsi, che ha ricostruito la Fiorentina, con la quale i rapporti sono semplicemente esemplari, quanto basta per non indurre mai De Laurentiis a fare uno «sgarbo» al suo amico Della Valle. Allegri e Montella, nel caso in cui il Napoli dovesse essere obbligato ad intervenire, rappresenterebbero però tentazioni affascinanti, fondate. 
OCCHIO – Ma al di là della panchina di Mazzarri, sarà inevitabile scrutare qualche sagoma, un giorno o l’altro e nel caso di separazione: Francesco Guidolin ha un appeal tecnico, tattico, umano e una storia che per lui parla da sola; e poi, dall’estero, è arrivata un’eco su Simeone dell’Atletico Madrid, un’indicazione arrivata da amici degli amici. Ma l’amico del cuore, per ora, è Mazzarri. 
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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