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Sannino: “Da calciatore ero come il Pocho. Napoli? Che emozione ai racconti di Calaiò e Baiano”

"Il 3-4-3 di Mazzarri? Ottimo tecnico, lo studiai al Livorno"

Forse domani, nel prepartita, rileggerà «’A livella» di Totò, come fece nella finali che mandarono il suo Varese in B. «Siamo i netturbini dei playoff -disse alla squadra -, i nobili sono Benevento e Cremonese, con rose costose. In B però andremo noi, spazzini del pallone ». Giuseppe Sannino, nato a Ottaviano – falde del Vesuvio – sfida per la prima volta il Napoli. «Avevo 12 anni: 5 figli e genitori a Torino. Valigie di cartone, papà assunto in Fiat: durò poco, preferì fare l’imbianchino ».

Benvenuto al nord Biglietto solo andata, rioneMadonna di Campagna. Lo battezzarono «ciabattina »: segnava e dribblava, in strada, con ciabatte magiche. «La mia Ottaviano? Le palazzine Ina Casa giocando, scalzi, vicino a fogne a cielo aperto. Piazza Municipio, la scuola San Francesco». Si gioca a Siena, madel San Paolo non conosce né erba né panchine. «Lo stadio l’ho visto… da fuori: sa, io sono nessuno». Il suo Napoli era quello di Peppeniello Massa e Totonno Juliano, oggi incanta Lavezzi: «Rientra? Mi preoccupa, salta l’uomo e mette in difficoltà». In fondo, teme un… sosia. «Che giocatore ero? Genio e sregolatezza, dribblomane. Io come il Pocho? Con le dovute proporzioni, sì».

Ramazza e pallone Il suo gol più bello lo usava a fini didattici («Fanfulla-Pordenone, C2, tiro al volo, di sinistro, da fuori area, gran gesto tecnico che in dvd mostravo ai miei allievi»). Due vite: da calciatore di 4a serie, poi da allenatore. Il passaggio? Tanta amarezza. «Chiusi la carriera tra i dilettanti perché mi offrirono un impiego da ausiliare all’Asl di Voghera, dove ero un beniamino per aver giocato e segnato tanto. Misi tanta umiltà pulendo corsie, stanze e persino i cessi. Pronto a mangiare sterco per sfamare la famiglia. Invece, sul lavoro, pagai i trascorsi da calciatore. Non apprezzarono il rimettermi in gioco. Giurai che, col calcio, avrei migliorato la mia vita».

Lui, Sacchi e Mazzarri L’ha cambiata la vita, rubando i segreti al Milan Primavera di Viscidi, a Cardano («Andare a Milanello, da Sacchi, era impossibile, mi sorbivo 150 km al giorno»), poi fu ingaggiato dalle giovanili del Monza: «Da calciatore, in un’amichevole, capii come il 4-4-2 di Sacchi era perfetto. Saltavo un avversario e me ne ritrovavo un altro a coprire. È il mio modulo. Il 3-4-3 di Mazzarri? Ottimo tecnico, lo studiai al Livorno. Sa giocare con tre uomini nell’area avversaria oltre due esterni». Sulla sua carriera ha puntato stipendi da ausiliario, come quando si pagava ritiri, e campetti d’allenamento, dei suoi allievi a Voghera.

C’è posta per te Perfezionista, un sergente. Coi «vaffa…» va duro per scuotere i suoi. A Varese strapazzò Grossi (oggi a Siena) che chiese d’essere ceduto. Per rimediare Sannino accolse Grossi piazzando Mauro Milanese (allora terzino, oggi ds dei biancorossi) su una cyclette in spogliatoio con un’enorme busta da lettera in mano. Mentre Milanese mimava un postino e scorreva la sigla di «C’è posta per te» si sentì la voce registrata di Sannino che implorava: «Avevo un figlio, un fratello, un atleta modello… si chiama Grossi. Perdonami, torna da me». Per Mazzarri, per il Napoli? No, Sannino non ha posta. «Mi incanto sentendo gli aneddoti di Calaiò sulle sue promozioni dalla C alla A col Napoli, o i racconti di Baiano su Maradona. No, in A di favolette da raccontare ce ne sono ben poche».

Fonte: Gazzetta dello Sport

La Redazione

C.T.

 

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