Dissero di lui, di quello ch’è stato definito il nuovo Gerrard, il nuovo Lampard, il nuovo Nedved, d’un fenomeno uno e trino che…. Dissero di Hamsik, in tempi non sospetti, che certi talenti vanno tutelati e pure blindati e semmai anche conservati in zona franca, al riparo da ogni fronda, di qualsiasi annotazione, di venticelli “fastidiosi”. Disse di Marek Hamsik un certo Sandro Mazzola, che «giocatori come lo slovacco non vanno mai criticati, perché seppur non al top possono sempre inventarti la giocata decisiva; e ci può stare che un ragazzo, costretto a giocare e a viaggiare e poi a viaggiare e giocare, accusi un periodo di calo fisiologico».
Disse di Mark Hamsik – non più di qualche settimana fa – Emiliano Mondonico, un uomo che Napoli l’ha visuta da dentro, che «bisogna portar pazienza, perché Hamsik, come Cavani, come Lavezzi ha la giocata giusta nel momento giusto e pure in quello meno atteso. E’ capace di far male in qualsiasi istante, quando meno te lo aspetti».
E mentre intorno s’aspetta che torni l’Hamsik del bel tempo che fu, riecco che dondola nell’aria ciò che si è detto su di lui, negli ultimi quattro anni: del Chelsea e del Manchester City, del Real Madrid e del Psg, del Milan e dell’Inter, dell’establishment calcistico europeo. Un po’ Gerrard, un po’ Lampard, un po’ persino Nedved: però, soprattutto, Marek Hamsik.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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