Uno, nessuno, centomila: così è, anche se non vi piace, perché lo choc (prolungato) ha effetti rovinosi ma in quella Napoli che s’è risvegliata accerchiata dai fantasmi d’una «crisetta» (etta?) d’identità, di risultati c’è la consapevolezza che le cause siano varie. Mamés, ancora lui, è l’origine del malessere, la radice inestirpabile dalla testa – magari anche dalle gambe – di chiunque, da Higuain in giù: ma in quella labile consistenza piscologica, s’annidano argomentazioni più ampie, che partono dall’immobilismo sul mercato, che coinvolgono l’involuzione (attuale) di stelle inghiottite dalle tenebre, che avvertono lo stress – si chiama pressione – ambientale d’una città impaziente, ora «intollerante» e in una sua minoranza divenuta persino «violenta», che sottolinea l’«allergia» del Napoli all’integralismo d’un turn-over talmente massiccio da divenire «esagerato». La sintesi è in quel pallore inquietante espresso tra il campionato e l’Europa League, nell’incapacità di essere se stesso, cioé semplicemente ciò che sino a maggio è stato il Napoli-verticale con il suo calcio di respiro internazionale, la sua naturalezza nel variare (in chiave offensiva) la sua fisionomia attraverso la manovra, il palleggio, il movimento.
LA SCOSSA. Le parole son come pietre, talvolta, e la frase-cult che riecheggia dallo «Stade du Suisse», quando intorno lo Young Boys ha appena lasciato che danzassero nuove streghe, la sussurra un Rafa Benitez «stravolto» nella sua espressione, desolatamente aggrappato a quel football che il Napoli ha smesso di predicare: «Ci sta mancando la voglia di vincere….». La sostanza è nella forma e non assume i contorni di un’accusa ma una confessione d’un uomo disarmato: perché stavolta c’entra poco il 4-2-3-1, e magari incide la scelta di intrufolarsi in una rivoluzione imperiosa – gli otto volti nuovi, in formazione, rispetto a San Siro – ma tra i «promossi» c’erano anche cinque titolari del finale della scorsa stagione (Maggio, Henrique, Ghoulam, Jorginho e Mertens) e dunque uno «zoccolo duro» sufficientemente rodato per assecondare gli schemi e i movimenti.
LA CONTESTAZIONE. Berna è lo spartiacque d’una condizione esistenziale che viene «rivoltata», diremmo macchiata, da un rigurgito di violenza (senza romanzare, né minimizzare: contenuta ma pur sempre inaccettabile, in quella minoranza che rompe i tergicristalli e rifila pungi e calci al pullman della squadra), amplificatore di una insofferenza già racchiusa nei numeri: il San Paolo, l’ex dodicesimo uomo in campo, ondeggia tra i ventitremila spettatori con il Torino ai diciottomila con il Palermo e la disaffezione è nei fatti, nella distanza che ormai esiste tra il club e la sua gente.
L’HANDICAP. E’ in quegli errori, che fatalmente si ripetono, che denunciano un appiattimento della fase difensiva (non solo della difesa, dunque), vittima di distrazioni mai rivedute, né corrette: l’1-0 dello Young Boys è la copia conforme, in carta carbone, del gol dell’Athletic Bilbao al San Paolo (lo scarico da sinistra su chi viene a rimorchio, l’assenza della copertura preventiva) e stavolta il modulo è un alibi, perché è assente il singolo e la propria vocazione ad andare a «oscurare» lo spazio e il pallone.
I RINFORZI. Poi è venuto meno il mercato e s’è sbriciolato quel piano (assai) blando d’intervenire sul Napoli preesistente con le quarte, le quinte scelte, che Benitez ha dovuto scovare – in assenza d’una strategia manageriale che avrebbe dovuto filtrare il ds con il proprio scouting – attraverso le proprie conoscenze e che sinora hanno concesso poco e forse nulla, gravando in maniera consistente sul concetto di turn-over, realizzato (per necessità inderogabile) sulla impalpabile consistenza di De Guzman e di Michu.
L’ANEMIA. Ma è cambiato il Napoli nella testa: e le difficoltà di Higuain e di Hamsik, quelle «croniche» di Albiol, l’irrigidimento di Ghoulam, l’eclissi di Henrique, la «pesantezza» di Jorginho e, talvolta, i personalismi di Mertens hanno costituito l’asse di un indebolimento divenuto (improvvisamente) strutturale e mentre intorno c’è il vuoto pneumatico, il processo di purificazione di Benitez riparte dal cervello d’un Napoli inaridito: «Ci manca la voglia di vincere». Ops…
Fonte: Corriere dello Sport
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