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San Paolo, la notte dei ricordi: quando Lavezzi e Cavani facevano sognare Napoli…

Perché “chi ama non dimentica”. E non è, non può essere, un’altra maglia, una scelta di vita, un’opportunità professionale, a cancellare quel che è stato. E allora chi può ci sarà, e saranno più di quarantamila. L’animo in tumulto. I fischi di chi si è sentito tradito. Però pure gli occhi lucidi di chi ancora si emoziona.

A CASA LORO. Lavezzi e Cavani ospiti. Ma a casa loro. La prima volta al San Paolo da avversari. Esserci per capire davvero l’effetto che farà. Le sensazioni. Soprattutto le reazioni: quelle emotive. Di pancia. Gli occhi e pure il cuore a loro. Per ritrovarne gesti, tratti e movenze. Il Pocho con le gambe incrociate a metà campo. Pigro. Indolente. Però poi pronto a partire e a squarciare il campo. Lo fece a Cagliari una notte e per la gioia si tuffò nei cartelloni pubblicitari. “Olè olè olè Pocho Pocho”, il coro che fu per Diego e poi tutto suo. Il “7bellezze” che cedette trono, scena e numero di maglia a chi faceva gol a Edinson Cavani, il Matador, l’uomo bionico, il cannibale: centoquattro reti in tre stagioni e in tutti i modi. E sempre con quello sguardo feroce di chi vuole di più. In ogni senso. E Il PSG poteva. La sua cessione, un affare di cuore. Sessantaquattro milioni di euro la clausola rescissoria. Che coi trenta del Pocho fanno poco più di novanta. Febbre a novanta. Quella dei napoletani. Suggestioni, ricordi e un po’ pure di nostalgia. E la gratitudine che non può mancare. Pocho il Masaniello della rinascita. Scapigliato come quei poeti maledetti. Arrivò con un abito gessato extra large e il fisico tondo che sembrava una pallina. Fu contestato. Poi amato. Quella notte col Pisa in Coppa Italia si rivelò al San Paolo. Tre reti tutte in una volta. Il tempo raccontò poi che non era la sua specialità. Triplette a tutte le grandi del campionato e via con lo scalpo sotto al braccio.

eccoli. “Voici Pochò e Cavanì”. Eccoli. Con l’accento ormai alla francese e il cuore napoletano. Lavezzi scugnizzo adottato. Marechiaro per casa e compagno di squadra. Un eroe popolare. Tatuato sulla pelle. Inseguito. Venerato. Uomo vero, genuino. Mai ruffiano. Scappò lasciando una lettera. Tornò e fu il figliol prodigo: una parabola sempre in crescendo. Guizzi, accelerazione e la capacità unica di accendere la passione. Sembrava potesse sempre accadere qualcosa. Pocho l’imprevedibilità, il cuore. Cavani la certezza, la mente. Lui, la storia. Faceva gol. E giocava sempre. Per se stesso e la squadra. E i record continuamente da aggiornare. Li ha battuti tutti, come i portieri della A. Implacabile. Deciso. Sotto porta come nelle scelte. Il Paris Saint Germain un’occasione che non poteva non perdere. L’azzurro dentro, il bleu per maglia. Tonalità che cambiano, affetti che restano. Lavezzi e Cavani bentornati.

 

Fonte: Corriere dello Sport

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